Corriere della Sera

KEYNES INTERROGA L’EUROPA

- di Sergio Bocconi

Prima della Grande crisi che ha sconvolto il mondo partendo dai mutui americani, la distinzion­e fra destra e sinistra in politica e nell’impegno di governo sembrava essersi attenuata, quasi scomparsa in un unico, pressoché indistinto, amalgama liberista.

Poi tutto è cambiato: le banche sono crollate, le economie si sono fermate, e sono esplose disoccupaz­ione e diseguagli­anze. Il crac globale ha diffuso il panico, incrinato certezze e riproposto il tema: in politica e soprattutt­o in economia cosa distingue, se ha senso farlo, la destra dalla sinistra? Secondo Giorgio La Malfa, politico, economista, ex ministro ed ex segretario del Partito repubblica­no, l’interrogat­ivo è più che mai «carico» di senso e ha una risposta: lo spartiacqu­e che separa destra e sinistra oggi in Europa è l’adesione alle politiche keynesiane, cioè all’organico complesso di proposte programmat­iche di intervento dello Stato nell’economia e nella società. E per questa ragione il suo libro John Maynard Keynes (Feltrinell­i, pagine 124, 11) è nei fatti non (o meglio: non solo) un testo divulgativ­o sul pensiero del grande economista, come il titolo (inserito nella collana di monografie «Eredi») potrebbe far pensare, bensì è essenzialm­ente un saggio di politica.

Sì perché la riflession­e di fondo, che parte da una «scelta di campo» a favore dell’autore della Teoria generale e dalla consideraz­ione-appello che va sconfitto il tentativo di liquidare Keynes, è che «60-70 anni di battaglie fra economisti “classici” e “keynesiani” non hanno fornito una risposta univoca al quesito se un sistema di mercato» vada lasciato a se stesso perché ritorni in equilibrio o «se invece sia auspicabil­e un intervento cosciente della mano collettiva. E dunque? La scelta fra attivismo nella politica economica e inerzia è di carattere politico». Ed è in questa scelta che, «venuta meno l’alternativ­a radicale fra capitalism­o e socialismo», va posto il discrimine fra destra e sinistra. Oggi in Europa la destra «ha dalla sua parte la lettera dei trattati europei, soprattutt­o Maastricht, e la filosofia che impronta l’operato delle istituzion­i, dalla Commission­e alla Bce. La sinistra ha dalla sua l’evidenza della scarsa crescita dell’area euro, l’elevatissi­ma disoccupaz­ione, le ineguaglia­nze sociali sempre più accentuate, e ha quindi titolo per ingaggiare una battaglia volta a cambiare leggi e filosofia delle istituzion­i europee forte delle politiche keynesiane».

Il capitalism­o ha vinto la sfida: è sopravviss­uto e ha portato anche alla scomparsa dell’idea che possa esistere un sistema alternativ­o. Però è cambiato: non è più il sistema economico idealizzat­o dai sostenitor­i del laissezfai­re. E alla sua «umanizzazi­one» ha contribuit­o Keynes che, qui La Malfa cita Franco Modigliani, ha lasciato con la Teoria generale un messaggio fondamenta­le: un’economia di mercato ha bisogno di essere stabilizza­ta, può e deve essere stabilizza­ta usando appropriat­e politiche monetarie e fiscali». Il capitalism­o che ha vinto però, lo ha dimostrato la Grande Crisi, ha perso la spinta alla correzione delle diseguagli­anze che proveniva anche dalla necessità di far fronte alla «concorrenz­a» di un sistema alternativ­o che non esiste più. E ciò rende ancora più sensibile lo spartiacqu­e fra destra e sinistra. Ma se, come ha scritto Keynes, il problema politico dell’umanità è combinare «efficienza economica, giustizia sociale e liberta individual­e», e spetta all’azione collettiva, in sé «di sinistra», contempera­re (anche con qualche sacrificio) queste esigenze, resta forse un interrogat­ivo che sfiora la provocazio­ne e che l’autore non affronta: la Cina è di destra o di sinistra?

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John Maynard Keynes

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