La Filarmonica e l’avanguardia di Maderna
L’avanguardia, quella del secondo dopoguerra, quella che si scriveva con la «A» maiuscola, oggi è storia. Si dura fatica quindi a capire perché il festival di musica contemporanea di Milano Musica sia dedicato a Bruno Maderna, che di quella stagione fu assoluto protagonista. È dunque scelta dolosa, ma con attenuanti non da poco. La prima è che il festival è pensato con tale cura che sembra come quando un regista d’opera ha un’idea sbagliata ma la realizza così bene che lo spettacolo diventa stupendo. E poi va detto che il Maderna compositore, che all’epoca passava in secondo piano rispetto al direttore, è stato rivalutato ed eseguito come merita solo in questi anni Duemila. Ed è incredibile come la sua musica sappia parlare all’ascoltatore odierno.
Ciò avviene perché, anche nella sua veste più sperimentale, non manca mai di poesia e di umanità. Come quelle che si ritrovano nei pezzi eseguiti dalla Filarmonica della Scala in occasione del concerto inaugurale: il «Concerto per violino» (1969), che ha visto in Francesco D’Orazio un solista di rara sensibilità, e «Aura» (1972), che del catalogo maderniano è uno dei massimi capolavori per qualità materica del suono e senso cristallino della forma. Per dirigerli è tornato alla Scala Ingo Metzmacher (a destra nella foto con D’Orazio), interprete più che autorevole, che il pubblico milanese ricorda per l’ottimo lavoro effettuato con i Soldaten di Zimmermann. A cornice dei due pezzi sono stati eseguiti — non così bene invero — due classici: la «Passacaglia op.1» di Webern e i «Drei Orchesterstücke» op.6 di Berg. Molto pubblico e molti applausi.