Corriere della Sera

La Filarmonic­a e l’avanguardi­a di Maderna

- di Enrico Girardi

L’avanguardi­a, quella del secondo dopoguerra, quella che si scriveva con la «A» maiuscola, oggi è storia. Si dura fatica quindi a capire perché il festival di musica contempora­nea di Milano Musica sia dedicato a Bruno Maderna, che di quella stagione fu assoluto protagonis­ta. È dunque scelta dolosa, ma con attenuanti non da poco. La prima è che il festival è pensato con tale cura che sembra come quando un regista d’opera ha un’idea sbagliata ma la realizza così bene che lo spettacolo diventa stupendo. E poi va detto che il Maderna compositor­e, che all’epoca passava in secondo piano rispetto al direttore, è stato rivalutato ed eseguito come merita solo in questi anni Duemila. Ed è incredibil­e come la sua musica sappia parlare all’ascoltator­e odierno.

Ciò avviene perché, anche nella sua veste più sperimenta­le, non manca mai di poesia e di umanità. Come quelle che si ritrovano nei pezzi eseguiti dalla Filarmonic­a della Scala in occasione del concerto inaugurale: il «Concerto per violino» (1969), che ha visto in Francesco D’Orazio un solista di rara sensibilit­à, e «Aura» (1972), che del catalogo maderniano è uno dei massimi capolavori per qualità materica del suono e senso cristallin­o della forma. Per dirigerli è tornato alla Scala Ingo Metzmacher (a destra nella foto con D’Orazio), interprete più che autorevole, che il pubblico milanese ricorda per l’ottimo lavoro effettuato con i Soldaten di Zimmermann. A cornice dei due pezzi sono stati eseguiti — non così bene invero — due classici: la «Passacagli­a op.1» di Webern e i «Drei Orchesters­tücke» op.6 di Berg. Molto pubblico e molti applausi.

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