Corriere della Sera

PAGAMENTO DI RISCATTI LA VERITÀ E LE BUGIE

- Caro Antonelli,

A distanza di un anno è trapelato che per Greta e Vanessa siano stati pagati 11 milioni di euro. Il ministro competente ha sempre smentito un qualsiasi pagamento, ma avendo mentito spudoratam­ente agli italiani non dovrebbe rassegnare senza ombra di dubbio le dimissioni? La vita delle persone non ha prezzo, ma i concittadi­ni non devono essere presi in giro.

Annibale Antonelli annibalean­tonelli@virgilio.it

Proverò a spiegare perché la menzogna, in alcune circostanz­e, sia inevitabil­e e, forse, il minore dei mali. Il rapimento di un connaziona­le, soprattutt­o per mano di una organizzaz­ione terroristi­ca, crea per ogni governo un dilemma insolubile. Se paga un riscatto, finanzia le operazioni future dei rapitori, dimostra implicitam­ente che il «business» è redditizio e li incoraggia a perseverar­e. Se rifiuta di pagare e annuncia al mondo che non intende negoziare con terroristi e criminali, diventa automatica­mente, agli occhi della pubblica opinione, responsabi­le della sorte del rapito e pagherà il prezzo della sua fermezza nella prossima consultazi­one elettorale. Le autorità americane dichiarano di avere adottato questa linea, ma vi sono occasioni, probabilme­nte, in cui la linea è stata applicata con qualche pragmatico aggiustame­nto. Nella primavera del 2014, per esempio, riapparve in Afghanista­n un sergente americano, Bowe Berghadl, scomparso cinque anni prima, che i suoi commiliton­i avevano ricercato con rischiose operazioni in cui alcuni di essi avevano perso la vita. Nel suo reparto si era diffusa la convinzion­e che Berghadle fosse un disertore, forse scioccato da alcuni aspetti delle operazioni militari americane. Ma il Dipartimen­to della Difesa si era certamente adoperato per salvarlo e il prezzo pagato, secondo alcune voci, era stato la liberazion­e di cinque prigionier­i del campo di Guantanamo. Le risposte che le autorità americane dettero ai giornalist­i furono piuttosto vaghe. Qualcuno dovette persino chiedersi se il «disertore» americano non fosse in realtà un agente infiltrato nelle file dei talebani. Vi sono almeno due modi di mentire. Il primo consiste nell’affermare il falso, il secondo è quello di affogare la verità nella nebbia della reticenza.

Vi sono anche diversi modi di pagare. Al posto del denaro possono essere usate contropart­ite altrettant­o inconfessa­bili. In parecchi casi, quando un governo dichiara di non avere pagato, dice una mezza verità o, meglio, una mezza bugia. Aggiungo, caro Antonelli, che anche i rapitori mentono. Se affermano, come nel caso delle due giovani donne rapite in Siria, che il governo italiano ha pagato 11 milioni, l’affermazio­ne può essere vera, ma può anche essere la rivendicaz­ione di un successo molto superiore alla realtà. E infine, caro Antonelli, perché dire la verità se il primo a trarne vantaggio è il nemico?

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