Marino lascia e avverte: tiro giù tutti
La resa del sindaco dopo l’indagine sui rimborsi spese. Renzi: intanto tolto di mezzo, poi vedremo
Il sindaco Ignazio Marino la- scia il Comune di Roma con un comunicato stampa alla fine di una giornata convulsa. Il Pd gli aveva comunicato la decisione presa da Orfini e Renzi: doveva dimettersi. Scoppia l’ira dell’ex primo cittadino che avverte: «Basta, ora farò tutti i nomi. Serve una verifica seria, ho 20 giorni per ripensarci». L’addio arriva dopo un mese di accuse, dal viaggio a Filadelfia (con smentita del Papa sull’invito) alle cene pagate dal Comune e contestate. Il M5S: siamo pronti al voto.
La decisione arriva quando ormai è buio, al termine di un’altra giornata convulsa. Ignazio Marino lascia il Comune con un comunicato stampa, senza sottoporsi a domande, dopo che il Pd gli ha riferito la decisione, presa dai «due Mattei», Orfini e Renzi: o si dimetteva lui, oppure quasi tutta la giunta. Terza opzione, «l’arma finale»: dimissioni in massa dell’Assemblea Capitolina.
Così, alla fine, asserragliato in Campidoglio, Marino capitola: «Care romane e cari romani — è l’incipit della sua nota — ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione, avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale». Marino ricorda «di essersi candidato per cambiare Roma, la mia città, strappando il Campidoglio alla destra che lo aveva infangato sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso». Poi si autoincensa: «Ho impostato cambiamenti epocali, cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, il sistema corruttivo è stato scoperchiato, i tentacoli tagliati, le grandi riforme avviate » . La prova è la «costituzione di parte civile nel processo su Mafia Capitale che si apre il 5 novembre», dice che il suo impegno «ha suscitato una furiosa reazione», che c’è stato «fin dall’inizio un lavorio rumoroso per sovvertire il voto dei romani», di «spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla».
Parla di «un’aggressione che arriva al suo culmine», di un «problema di condizioni politiche che oggi mi appaiono assottigliate se non assenti». Dice che per questo presenta «le dimissioni», ma aggiunge anche che «per legge possono essere ritirate entro venti giorni». È il passaggio chiave: Marino tratta la resa. «Non è un’astuzia ma la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni». Non una spiegazione sulle «cene istituzionali» su cui indaga la Procura: l’inchiesta, fanno sapere da piazzale Clodio, andrà avanti e Marino a breve potrebbe essere indagato per peculato.
Ma Marino dice che il suo «non è un segnale di debolezza o un’ammissione di colpa», parla di «una squallida e manipolata polemica», chiude dicendosi preoccupato «per il futuro della città» e di temere «che tornino a governare le logiche del passato, degli illeciti e del meccanismo corruttivomafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto tutti». Da oggi, però, la sua trattativa è aperta.
La Procura Ma in Procura fanno sapere che procede l’inchiesta su cene e scontrini