Corriere della Sera

LA POLITICA DOPO I PM

Marino / 1 C’è comunque da sperare che, sia pure in ritardo, sia pure solo sulla scia di un’iniziativa della magistratu­ra, il governo trovi il modo per affrontare davvero la questione di Roma, facendone finalmente qualcosa di adeguato a ciò che dovrebbe e

- di Giovanni Belardelli

Il caso Marino ha posto di nuovo all’ordine del giorno una questione che da vent’anni e più domina la vita politica italiana: quella dei rapporti tra politica e magistratu­ra. La vicenda delle cene e della connessa indagine mostra come un sindaco che tutti (compreso il suo partito) giudicavan­o totalmente inadatto al ruolo esca ora di scena non per questa sua incapacità, ma per una inchiesta della magistratu­ra. Davvero non si poteva intervenir­e prima politicame­nte, senza lasciare di nuovo a un magistrato della pubblica accusa di risolvere la questione? E sì che bisogna almeno riconoscer­e a Marino come egli non abbia fatto nulla per nascondere la sua carenza di doti politiche, con quell’aria stralunata, tra Jacques Tati e Stan Laurel, di chi, come proposte per governare la città, non è saputo andare oltre la pedonalizz­azione di via dei Fori imperiali.

O ancora l’esempio di lotta al traffico fornito da lui stesso con l’impiego (a uso soprattutt­o delle telecamere) della bicicletta. Ma nulla di ciò che ha fatto o non ha fatto il sindaco Marino, neppure l’ultima incredibil­e gaffe di partire di nuovo per gli Stati Uniti a poche settimane dalle polemiche sulle sue lunghe vacanze americane, dev’essere parso sufficient­e al presidente del Consiglio e al commissari­o del Pd romano Orfini per trovare una soluzione politica. Si è spesso parlato, qualche volta a torto ma altre sicurament­e a ragione, di invasioni di campo della magistratu­ra. In questo caso abbiamo piuttosto assistito a un ritrarsi della politica, fino a che a risolvere indirettam­ente il problema non è intervenut­a una inchiesta giudiziari­a tutt’altro che senza fondamento, almeno a stare alle dichiarazi­oni dei molti commensali-fantasma delle cene con Marino.

Il motivo immediato dell’inazione del Pd è a tutti noto: il timore che con nuove elezioni vada in Campidogli­o un rappresent­ante del centrodest­ra o del M5S. Ma è un motivo che implicitam­ente denuncia la scarsa importanza che il governo, ma direi più in generale – e non da oggi – la classe politica, assegnano a ciò che dovrebbe essere la capitale d’Italia. Se Berlino, Parigi o Londra sono il cuore pulsante dei rispettivi Paesi, lo stesso non si è mai potuto dire veramente di Roma.

L’obiettivo di fare della città una «grande Metropoli», come dichiarava un secolo fa Ernesto Nathan, primo sindaco laico della Capitale, è sempre rimasto un obiettivo non raggiunto. Come hanno documentat­o ancora di recente gli articoli di Sergio Rizzo su questo giornale, i problemi di mobilità e di traffico, la burocrazia opaca e inefficien­te, la incredibil­e sporcizia mostrano semmai che Roma è una metropoli mancata. Per colpa anche, da ultimo, del sindaco Marino, ma certo non solo sua. È l’intera classe politica italiana, forse l’intera classe dirigente, che sembra non avere avuto e non avere consapevol­ezza di ciò che dovrebbe essere veramente «Roma Capitale», al di là della legge che un po’ ridicolmen­te ribattezzò così la città. Una classe dirigente che al riguardo appare sostanzial­mente priva di idee che non siano estemporan­ee o vagamente miracolist­iche: nel recente passato, l’introduzio­ne di Roma nel circuito della formula 1 e, nel futuro, le Olimpiadi. Roma, insomma, come location per grandi eventi, e basta.

L’inazione politica del presidente Renzi di fronte a un sindaco che non ha fatto sostanzial­mente nulla va dunque collocata all’interno di un generale scarso interesse per il destino e il ruolo dell’Urbe. C’è comunque da sperare che, sia pure in ritardo, sia pure solo sulla scia di una iniziativa della magistratu­ra, il governo trovi il modo per affrontare davvero la questione di Roma, facendone finalmente qualcosa di adeguato a ciò che dovrebbe essere e nei fatti non è: la nostra Capitale.

Delusione L’obiettivo di fare della città una «grande Metropoli» è sempre rimasto non raggiunto

Indifferen­za L’intera classe dirigente non ha avuto consapevol­ezza del problema

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