LA POLITICA DOPO I PM
Marino / 1 C’è comunque da sperare che, sia pure in ritardo, sia pure solo sulla scia di un’iniziativa della magistratura, il governo trovi il modo per affrontare davvero la questione di Roma, facendone finalmente qualcosa di adeguato a ciò che dovrebbe e
Il caso Marino ha posto di nuovo all’ordine del giorno una questione che da vent’anni e più domina la vita politica italiana: quella dei rapporti tra politica e magistratura. La vicenda delle cene e della connessa indagine mostra come un sindaco che tutti (compreso il suo partito) giudicavano totalmente inadatto al ruolo esca ora di scena non per questa sua incapacità, ma per una inchiesta della magistratura. Davvero non si poteva intervenire prima politicamente, senza lasciare di nuovo a un magistrato della pubblica accusa di risolvere la questione? E sì che bisogna almeno riconoscere a Marino come egli non abbia fatto nulla per nascondere la sua carenza di doti politiche, con quell’aria stralunata, tra Jacques Tati e Stan Laurel, di chi, come proposte per governare la città, non è saputo andare oltre la pedonalizzazione di via dei Fori imperiali.
O ancora l’esempio di lotta al traffico fornito da lui stesso con l’impiego (a uso soprattutto delle telecamere) della bicicletta. Ma nulla di ciò che ha fatto o non ha fatto il sindaco Marino, neppure l’ultima incredibile gaffe di partire di nuovo per gli Stati Uniti a poche settimane dalle polemiche sulle sue lunghe vacanze americane, dev’essere parso sufficiente al presidente del Consiglio e al commissario del Pd romano Orfini per trovare una soluzione politica. Si è spesso parlato, qualche volta a torto ma altre sicuramente a ragione, di invasioni di campo della magistratura. In questo caso abbiamo piuttosto assistito a un ritrarsi della politica, fino a che a risolvere indirettamente il problema non è intervenuta una inchiesta giudiziaria tutt’altro che senza fondamento, almeno a stare alle dichiarazioni dei molti commensali-fantasma delle cene con Marino.
Il motivo immediato dell’inazione del Pd è a tutti noto: il timore che con nuove elezioni vada in Campidoglio un rappresentante del centrodestra o del M5S. Ma è un motivo che implicitamente denuncia la scarsa importanza che il governo, ma direi più in generale – e non da oggi – la classe politica, assegnano a ciò che dovrebbe essere la capitale d’Italia. Se Berlino, Parigi o Londra sono il cuore pulsante dei rispettivi Paesi, lo stesso non si è mai potuto dire veramente di Roma.
L’obiettivo di fare della città una «grande Metropoli», come dichiarava un secolo fa Ernesto Nathan, primo sindaco laico della Capitale, è sempre rimasto un obiettivo non raggiunto. Come hanno documentato ancora di recente gli articoli di Sergio Rizzo su questo giornale, i problemi di mobilità e di traffico, la burocrazia opaca e inefficiente, la incredibile sporcizia mostrano semmai che Roma è una metropoli mancata. Per colpa anche, da ultimo, del sindaco Marino, ma certo non solo sua. È l’intera classe politica italiana, forse l’intera classe dirigente, che sembra non avere avuto e non avere consapevolezza di ciò che dovrebbe essere veramente «Roma Capitale», al di là della legge che un po’ ridicolmente ribattezzò così la città. Una classe dirigente che al riguardo appare sostanzialmente priva di idee che non siano estemporanee o vagamente miracolistiche: nel recente passato, l’introduzione di Roma nel circuito della formula 1 e, nel futuro, le Olimpiadi. Roma, insomma, come location per grandi eventi, e basta.
L’inazione politica del presidente Renzi di fronte a un sindaco che non ha fatto sostanzialmente nulla va dunque collocata all’interno di un generale scarso interesse per il destino e il ruolo dell’Urbe. C’è comunque da sperare che, sia pure in ritardo, sia pure solo sulla scia di una iniziativa della magistratura, il governo trovi il modo per affrontare davvero la questione di Roma, facendone finalmente qualcosa di adeguato a ciò che dovrebbe essere e nei fatti non è: la nostra Capitale.
Delusione L’obiettivo di fare della città una «grande Metropoli» è sempre rimasto non raggiunto
Indifferenza L’intera classe dirigente non ha avuto consapevolezza del problema