Nei giorni caldi di Mafia Capitale ripete a tutti: «Io non mi sono accorto di nulla». E in Campidoglio gli danno il soprannome di «Bambi»
Sembra la battaglia di un sindaco moderno; ma nel volgere di poche settimane i romani scoprono altro: è pure un sindaco che non paga le multe.
Anzi, di più: prima lascia la sua Panda Rossa negli spazi riservati ai senatori davanti Palazzo Madama senza averne più l’autorizzazione; poi qualche anima pia del centrodestra spiffera: le telecamere di controllo ai varchi d’accesso del centro storico hanno rilevato, per otto volte, l’ingresso di una Panda rossa con la stessa targa di quella del sindaco. La Panda non aveva il permesso, le otto multe non sono state pagate. La città, intanto, agonizza. Sporca, insicura, strangolata dal traffico. La decisione di pedonalizzare via dei Fori Imperiali — il provvedimento con cui Marino si era presentato ai romani — peggiora la viabilità di interi quartieri. Altri quartieri insorgono per motivi diversi: a Tor Sapienza si scatena la caccia all’immigrato e Marino arriva in ritardo, dimostrando di non conoscere il territorio, la struggente rabbia di certe periferie.
Abita nel cuore del centro storico, un vicolo dietro piazza del Pantheon. Un giorno apre il portone e trova i cronisti: «Oh, volete farmi festa già di buon mattino?». Quindi prova il solito numero, mettendo su un sorrisone e alzando il dito medio e l’indice aperti in segno di «V», vittoria.
Niente feste, signor sindaco, è appena esplosa l’inchiesta Mafia Capitale.
Il documento Uno dei sette scontrini contestati a Ignazio Marino. Proprio sulle spese di rappresentanza la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per peculato: per ora non ci sono indagati. Lo scontrino si riferisce a una cena al «Girarrosto toscano», costata 260 euro, per Marino fu «una cena offerta per motivi istituzionali». Ma il ristoratore smentisce: «Era qui con la famiglia»