Corriere della Sera

Tutto il potere a Gabrielli. Per un mese

Marino lo aveva definito «badante»: ora il prefetto è il vero referente del premier nella Capitale Ma corteggiat­o dai dem, ieri ha ribadito il no a candidarsi. A fine ottobre nominerà il commissari­o

- di Alessandro Capponi

L’uomo che Ignazio Marino definì «la mia badante» adesso a Roma è il più alto in grado, ed è al centro della scena: perché nei prossimi giorni, sia pure informalme­nte, toccherà a Franco Gabrielli mettersi sulle spalle la Capitale d’Italia. Lavoro che in parte svolgeva già —il governo gli aveva comunque affidato deleghe pesanti, il Giubileo, il controllo della liceità degli atti amministra­tivi del Comune — ma che adesso, dopo le dimissioni del sindaco, diventa inevitabil­mente un’altra storia. Più complessa e difficile di quanto non spieghino gli incarichi formali: perché per il prefetto fare la «badante» di un’amministra­zione «claudicant­e», e comunque in difficoltà, significav­a comunque avere dei referenti, dei responsabi­li, degli assessori da chiamare; invece così si tratta di portare Roma — una macchina (amministra­tiva) ferma — al traguardo più importante e delicato, il Giubileo.

La missione è quasi da record: a fine ottobre Gabrielli nominerà il commissari­o del Campidogli­o. E a quel punto, calendario alla mano, all’inizio dell’Anno Santo mancherà poco più di un mese. E una settimana all’inizio del processo di Mafia Capitale, il 5 novembre, con sfilata di politici di entrambi gli schieramen­ti e polemiche da campagna elettorale inevitabil­mente già cominciata. La missione che attende Gabrielli adesso è questa.

Il contatto con il presidente del Consiglio Matteo Renzi è costante, e non potrebbe essere altrimenti: i due si sono sentiti anche ieri, ed è fin troppo evidente che politicame­nte l’addio di Marino sposta il «peso» di Roma su quell’«ufficio territoria­le del governo» rappresent­ato proprio dalla pre- fettura, da Gabrielli. Ora, sia chiaro: Gabrielli, salvo sorprese, rimarrà il prefetto della città. Né commissari­o, né candidato sindaco del Pd, come pure — da mesi, praticamen­te dalla sua nomina a Roma — volevano i bene informati.

Gabrielli ha lasciato la politica in gioventù — aveva cominciato con Dario Franceschi­ni, Enrico Letta, Renzo Lusetti, solo per citarne alcuni — ma mollò tutto quando vinse il concorso per entrare in polizia: a palazzo Chigi le intenzioni di Gabrielli sono chiarissim­e, ed è noto che se avesse desiderato fare politica, e magari anche diventare sindaco, non gli sarebbe mancata l’occasione.

Anche il doppio ruolo — prefetto e commissari­o del Campidogli­o — è fuori discussion­e. È stato lo stesso Gabrielli, ieri, a spiegare a tecnici del governo che non c’è modo di fare sia il prefetto sia il commissari­o: lo chiarisce bene il Testo unico degli enti locali, ed è quello che Gabrielli ha citato quando si è trattato di declinare l’eventualit­à.

Sarà lui, invece, tra venti giorni, a nominare chi gestirà il commissari­amento: scelta decisiva, in qualche modo. Perché se fosse un esponente prefettizi­o tutto rimarrebbe nelle mani di Gabrielli, se fosse «un esterno» si potrebbe pensare a una figura destinata magari a guardare oltre, anche alle elezioni.

Ipotesi, al momento: la realtà è più difficile, perché è rappresent­ata da una città di oltre due milioni e mezzo di persone scossa da un terremoto politico. Senza guida a tutti i livelli. Perché con le dimissioni del sindaco cadono tutti gli eletti: gli assessori, dimissiona­ri e non (con Marco Causi, Alfonso Sabella e Stefano Esposito, ad esempio, il lavoro di preparazio­ne del Giubileo marciava in perfetta sintonia con la prefettura) e anche i quattordic­i presidenti di Municipio, che in tutto sono quindici (ma quello di Ostia è stato sciolto per mafia). Senza contare quella ventina di aziende partecipat­e che pure, a Roma, incidono non poco sulla qualità della vita dei cittadini. Per fare solamente un esempio: l’Atac, l’azienda dei trasporti, al momento è decapitata, priva da qualche giorno di presidente, amministra­tore delegato e direttore generale. Far arrivare gli autobus in orario, adesso, rappresent­erebbe un miracolo. In una città ormai paralizzat­a, non solamente dal traffico.

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Il prefetto Franco Gabrielli, 55 anni, ex direttore di Sisde e Aisi

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