Tutto il potere a Gabrielli. Per un mese
Marino lo aveva definito «badante»: ora il prefetto è il vero referente del premier nella Capitale Ma corteggiato dai dem, ieri ha ribadito il no a candidarsi. A fine ottobre nominerà il commissario
L’uomo che Ignazio Marino definì «la mia badante» adesso a Roma è il più alto in grado, ed è al centro della scena: perché nei prossimi giorni, sia pure informalmente, toccherà a Franco Gabrielli mettersi sulle spalle la Capitale d’Italia. Lavoro che in parte svolgeva già —il governo gli aveva comunque affidato deleghe pesanti, il Giubileo, il controllo della liceità degli atti amministrativi del Comune — ma che adesso, dopo le dimissioni del sindaco, diventa inevitabilmente un’altra storia. Più complessa e difficile di quanto non spieghino gli incarichi formali: perché per il prefetto fare la «badante» di un’amministrazione «claudicante», e comunque in difficoltà, significava comunque avere dei referenti, dei responsabili, degli assessori da chiamare; invece così si tratta di portare Roma — una macchina (amministrativa) ferma — al traguardo più importante e delicato, il Giubileo.
La missione è quasi da record: a fine ottobre Gabrielli nominerà il commissario del Campidoglio. E a quel punto, calendario alla mano, all’inizio dell’Anno Santo mancherà poco più di un mese. E una settimana all’inizio del processo di Mafia Capitale, il 5 novembre, con sfilata di politici di entrambi gli schieramenti e polemiche da campagna elettorale inevitabilmente già cominciata. La missione che attende Gabrielli adesso è questa.
Il contatto con il presidente del Consiglio Matteo Renzi è costante, e non potrebbe essere altrimenti: i due si sono sentiti anche ieri, ed è fin troppo evidente che politicamente l’addio di Marino sposta il «peso» di Roma su quell’«ufficio territoriale del governo» rappresentato proprio dalla pre- fettura, da Gabrielli. Ora, sia chiaro: Gabrielli, salvo sorprese, rimarrà il prefetto della città. Né commissario, né candidato sindaco del Pd, come pure — da mesi, praticamente dalla sua nomina a Roma — volevano i bene informati.
Gabrielli ha lasciato la politica in gioventù — aveva cominciato con Dario Franceschini, Enrico Letta, Renzo Lusetti, solo per citarne alcuni — ma mollò tutto quando vinse il concorso per entrare in polizia: a palazzo Chigi le intenzioni di Gabrielli sono chiarissime, ed è noto che se avesse desiderato fare politica, e magari anche diventare sindaco, non gli sarebbe mancata l’occasione.
Anche il doppio ruolo — prefetto e commissario del Campidoglio — è fuori discussione. È stato lo stesso Gabrielli, ieri, a spiegare a tecnici del governo che non c’è modo di fare sia il prefetto sia il commissario: lo chiarisce bene il Testo unico degli enti locali, ed è quello che Gabrielli ha citato quando si è trattato di declinare l’eventualità.
Sarà lui, invece, tra venti giorni, a nominare chi gestirà il commissariamento: scelta decisiva, in qualche modo. Perché se fosse un esponente prefettizio tutto rimarrebbe nelle mani di Gabrielli, se fosse «un esterno» si potrebbe pensare a una figura destinata magari a guardare oltre, anche alle elezioni.
Ipotesi, al momento: la realtà è più difficile, perché è rappresentata da una città di oltre due milioni e mezzo di persone scossa da un terremoto politico. Senza guida a tutti i livelli. Perché con le dimissioni del sindaco cadono tutti gli eletti: gli assessori, dimissionari e non (con Marco Causi, Alfonso Sabella e Stefano Esposito, ad esempio, il lavoro di preparazione del Giubileo marciava in perfetta sintonia con la prefettura) e anche i quattordici presidenti di Municipio, che in tutto sono quindici (ma quello di Ostia è stato sciolto per mafia). Senza contare quella ventina di aziende partecipate che pure, a Roma, incidono non poco sulla qualità della vita dei cittadini. Per fare solamente un esempio: l’Atac, l’azienda dei trasporti, al momento è decapitata, priva da qualche giorno di presidente, amministratore delegato e direttore generale. Far arrivare gli autobus in orario, adesso, rappresenterebbe un miracolo. In una città ormai paralizzata, non solamente dal traffico.