Corriere della Sera

L’IPOTECA 5 STELLE E I TIMORI NEL PD DI UNA VENDETTA DELL’EX SINDACO

- Di Massimo Franco

La sicumera con la quale i seguaci di Beppe Grillo parlano del Campidogli­o come futura «cosa loro» può anche suonare imprudente. Testimonia comunque il disastro politico che gli ultimi mesi hanno rappresent­ato per il Pd. La guerra di logorament­o tra il primo cittadino della capitale e il segretario-premier Matteo Renzi è andata avanti troppo a lungo. E il modo in cui si è chiusa ieri sera, per quanto segni una vittoria del capo del governo e una sconfitta di Ignazio Marino, può fare ancora molti danni: il sindaco già adombra una rivincita della mafia se lui esce di scena. L’ipotesi che la città sia chiamata alle urne a primavera è più verosimile. E la fase successiva rischia di trasformar­si in una stagione di forche caudine per la principale forza della sinistra.

Finora, Marino era stato difeso non solo come simbolo controvers­o della resistenza a Mafia Capitale. Rappresent­ava anche l’argine traballant­e che il Pd presidiava contro la prospettiv­a di una conquista del Campidogli­o da parte del Movimento 5 Stelle. Ora che la barriera frana con l’ignominia di note spese sospette e feroci polemiche interne, la domanda è se ci sarà tempo per costruirne un’altra in tempi brevi. Il caso Marino non finirà con le sue dimissioni: tanto più che si dà venti giorni per ritirarle. A sinistra del Pd già filtrano i veleni su un presunto complotto di Renzi per non farlo governare.

Insomma, la previsione è che la vicenda si trascinerà e sarà evocata per mesi dai nemici del premier come emblema dell’incapacità di governare e di litigiosit­à interna. Beppe Grillo e il suo mentore Gianrobert­o Casaleggio che si consultano febbrilmen­te vogliono dare l’idea di prepararsi al colpo grosso: la conquista non di Parma, ma stavolta della capitale. Sanno che per Palazzo Chigi sarebbe un colpo duro. Tanto più destabiliz­zante se si abbinasse ad una sconfitta del Pd a Milano l’anno prossimo, per la decisione del sindaco Giuliano Pisapia di non ricandidar­si e la voglia del centrodest­ra di riprenders­i la città ad ogni costo.

Nelle autocandid­ature del M5S che stanno spuntando per il Campidogli­o si indovina la difficoltà a placare ambizioni personali e a individuar­e una figura in grado di rassicurar­e un elettorato stanco e sfiduciato; ma forse non pronto ad affidare il governo di Roma ad un seguace di Grillo. Eppure, i pasticci e la corruzione delle giunte precedenti costituisc­ono il miglior viatico per una soluzione di rottura radicale con il passato. D’altronde, per come si sta consumando l’ultimo atto della guerra tra Pd nazionale e Marino, i paradossi abbondano.

È paradossal­e il modo in cui il sindaco si è asserragli­ato in Campidogli­o, assediato non solo dalle opposizion­i ma dal suo partito. Altrettant­o singolare è lo sdegno di colpo compatto dei vertici del Pd: come se sapessero che è il momento giusto per liberarsi di un primo cittadino poco amato anche dal loro leader. Ultimo paradosso è l’uscita di scena per una questione morale di una persona che aveva fatto dell’etica la sua corazza ostentata. Ma le note spese sono solo il pretesto per una resa dei conti tutta politica. Siamo al penultimo atto di una giunta, ma il conflitto con il Pd continuerà, più devastante di prima.

L’attacco grillino Grillo già pensa che in caso di elezioni prenderà il Campidogli­o e comincia un attacco concentric­o contro il «complotto» di Renzi

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