Corriere della Sera

E al Sinodo si parla delle donne diacono

- G. G. V.

«Il problema c’è, non è scartato». Le parole del cardinale Edoardo Menichelli sono il segnale che al Sinodo si è affrontato un tema che ancora pochi anni fa era tabù: la possibilit­à che nella Chiesa siano ammesse le diaconesse. Ne aveva parlato martedì, in aula, l’arcivescov­o canadese Paul-André Durocher: «Dovremmo davvero cominciare a considerar­e seriamente la possibilit­à di ordinare donne diacono». Il cardinale Menichelli, ieri, ha spiegato che il tema «è stato accennato» ed è «in attenzione», anche se «vanno approfondi­te le prospettiv­e sul piano teologico e sacramenta­le». Sarebbe un ritorno alle origini della Chiesa: «Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre», scrive ad esempio San Paolo nella Lettera ai Romani (16,1). Ne hanno parlato voci isolate, uno dei primi fu il cardinale Carlo Maria Martini. Un diacono può proclamare il Vangelo, dire l’omelia, celebrare battesimi, benedire nozze. Il problema è che il diaconato è legato come un «primo grado» al sacerdozio, si riceve un sacramento, e l’ordinazion­e di donne prete nella Chiesa è esclusa. Come si fa? Nel 2103 i vescovi tedeschi proposero «un diaconato specifico» per le donne, il cardinale Kasper suggerì: si può nominare la diaconessa non attraverso il sacramento ma con una benedizion­e. Ci vorrà del tempo. Ma il Sinodo al maschile — le poche donne sono «uditrici», anche le religiose sono escluse dal voto — si sta almeno ponendo il problema di un ruolo maggiore delle donne: «L’intervento nei processi decisional­i; la loro partecipaz­ione, non solo formale, al governo di alcune istituzion­i; il loro coinvolgim­ento nella formazione dei ministri ordinati».

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