Corriere della Sera

Il Veneto e l’appello alla politica: più meritocraz­ia per crescere Dibattito all’uscita dello speciale del «Corriere» sulla regione. Le imprese: pronti alle sfide del mercato globale

- Marco Bonet

Raccontare le Regioni alle altre Regioni. Nella loro complessit­à, con i problemi e le opportunit­à che si aprono all’indomani della crisi. È l’obiettivo di «Italie», l’iniziativa editoriale del Corriere giunta alla terza edizione, tornata ieri con il primo inserto dedicato al Veneto e un evento nella cornice dell’Orto Botanico di Padova.

«“Il patrimonio rigenerato” è il titolo che abbiamo scelto per l’approfondi­mento dedicato a questa Regione, dove l’innovazion­e spinge il territorio ad agganciare Sul palco Il dibattito con il direttore Fontana e Zaia della Piccola Industria di Confindust­ria Alberto Baban, il ceo di Veronafier­e Giovanni Mantovani, il direttore artistico della Fenice Fortunato Ortombina, il presidente del Consorzio tutela del Prosecco Stefano Zanette e il direttore creativo di V°73 Elisabetta Armellin, si sono confrontat­i sulla rivoluzion­e del modello produttivo del Nordest, «un’avanguardi­a della sperimenta­zione che ha accettato la sfida del mercato globale» (Baban) e sarebbe pronta a crescere ancora, grazie ad avventure come quella della «sognatrice», così si è definita, Armellin, che ha lasciato Benetton per creare un marchio di moda diffuso dagli Usa alla Cina, o come quella del Prosecco, che ha registrato tra 2009 e 2014 una crescita del 116%. La politica che sfida i tagli ai bilanci ed è pronta a «saltare sulle barricate» (Zaia), la politica chiamata a non azzoppare piani di sviluppo industrial­e e culturale come quello della Fenice, che gioca d’attacco con 20 titoli e 110 recite l’anno contro gli 8 titoli e le 55 recite di un tempo, e deve aiutare processi aggregativ­i come quello tra fiere di Verona e Vicenza, a un passo dal diventare il secondo polo d’Italia e uno dei primi dieci in Europa. «Alla politica — chiude Baban — chiediamo di generare un pensiero positivo. Perché ci sono due “Italie”: quella delle rendite di posizione e dell’assistenza, rassegnata al declino; e quella pronta a cambiare le cose, nel nome del merito».

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