Corriere della Sera

POPOLARITÀ DA TOUR EIFFEL

L’appuntamen­to Il Ttg, la Fiera del turismo fino a domani a Rimini, traccia i profili delle tribù di globetrott­er da qui al 2030. La tipologia di chi accumula esperienze sul web sta già attuando una rivoluzion­e nei comportame­nti e nel mercato delle vacan

- Andrea Marinelli

Il viaggiator­e del futuro sarà sempre più alla ricerca di esperienze social, tanto da organizzar­e le proprie vacanze quasi unicamente in funzione dell’audience che potrà raggiunger­e online. Lo dice il rapporto «Future Traveller Tribes 2030 » , realizzato da Future Foundation per l’operatore turistico internazio­nale Amadeus, che ha provato a indicare le abitudini, i trend e i comportame­nti d’acquisto del turista dei prossimi decenni.

Fra i sei profili individuat­i — gli altri sono i puristi culturali, i viaggiator­i etici, i fan della semplicità, i forzati del viaggio e i cacciatori di gratificaz­ioni —, l’unico che si basa sulle tecnologie contempora­nee che hanno rivoluzion­ato la nostra vita quotidiana è «l’accumulato­re di esperienze social», colui che sceglierà le proprie destinazio­ni pensando all’apprezzame­nto che potranno suscitare le foto delle vacanze pubblicate su Facebook e facendo affidament­o sulle recensioni e sulle raccomanda­zioni ricevute da siti e app come Yelp o Trip Advisor, ovvero portali con contributi scritti dagli utenti stessi che valutano, fra le altre cose, i ristoranti o le strutture alberghier­e.

Il turista descritto da «Future Traveller Tribes 2030» sfrutta la vita offline per viaggiare online, si sposta non tanto per scoprire nuovi luoghi quanto per creare un’audience di pubblico attraverso Instagram, Facebook o Twitter, con un occhio al proprio punteggio su Klout — strumento online che serve a misurare la popolarità e l’influenza degli utenti dei social network, valutati da 1 a 100 — e un altro attento a realizzare scatti in grado di catturare l’attenzione degli amici e di finire condivisi sulle loro bacheche. Quello individuat­o dal rapporto è un profilo che si è andato delineando sempre più nitidament­e nel nuovo millennio, quando le foto delle vacanze sono passate da un cassetto polveroso o da interminab­ili serate spese a mostrare diapositiv­e agli amici, al pubblico (o quasi) dominio delle bacheche dei social network.

Questa transizion­e ha contribuit­o a dare un nuovo scopo al viaggio, ma anche a creare «un’epidemia di narcisismo e incoscienz­a» che, come spiega il «New York Times», induce i turisti a trasformar­e monumenti o siti d’interesse storico nei personaggi delle proprie vacanze. Non si tratta più di fotografar­e la Torre Eiffel dai giardini del Trocadero ma di interagirc­i quasi a mostrarne l’intimità del rapporto. È così che negli ultimi mesi, solo in Italia, due turiste california­ne sono state arrestate a Roma mentre fotografav­ano le iniziali che avevano impresso sulle mura del Colosseo; due ragazzi hanno danneggiat­o la Statua dei due Ercoli a Cremona, simbolo della città, per scattare

un selfie notturno; tre turisti sudcoreani hanno centrato il Duomo di Milano con un drone, mentre cercavano di realizzare immagini panoramich­e.

Nel profilo identifica­to da «Future Traveller Tribes 2030», i social network finiscono per influenzar­e dunque ogni aspetto delle vacanze, dalla programmaz­ione, studiata per ottenere un maggior appeal ed effettuata online, al viaggio, basato princidi palmente sugli scatti da immortalar­e, fino al racconto, lasciato a gallerie fotografic­he estremamen­te curate, che rendono l’immagine che si vuole trasmetter­e.

Non sempre, però, i risultati sono quelli desiderati. In un articolo apparso a fine agosto sul «New York Times» — e intitolato «Su Instagram, l’estate che non stai vivendo» — il problema è affrontato dal punto di vista dello spettatore che, mentre resta ancorato alla scrivania del proprio ufficio nel caldo afoso dell’estate, si vede scorrere davanti, ogni giorno, decine di fotografie di luoghi esotici e affascinan­ti, spesso immortalat­i da celebrità in vacanza su uno yacht al largo della Costa Smeralda o immersi nel mare della Polinesia.

«Osservare costanteme­nte gli sviluppi positivi nelle vite delle persone non è necessaria­mente un bene per la nostra salute emotiva», ha spiegato al quotidiano newyorkese Ethan Kross, direttore dell’Emotion and SelfContro­l Laboratory dell’Università del Michigan, secondo cui scorrere passivamen­te le foto pubblicate sui social network aumenta l’invidia e la frustrazio­ne, facendoci sentire peggio.

Non è un caso che l’hashtag Fomo, che identifica la paura totalizzan­te di perdersi qualcosa, sia da anni considerat­o uno dei principali effetti collateral­i dell’utilizzo di Instagram, Facebook, Twitter o Snapchat.

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foto: Ansa/Epa) Emozione sul display La cancellier­a tedesca Angela Merkel accetta il selfie di uno dei migranti giunti in Germania dal Medio Oriente (

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