POPOLARITÀ DA TOUR EIFFEL
L’appuntamento Il Ttg, la Fiera del turismo fino a domani a Rimini, traccia i profili delle tribù di globetrotter da qui al 2030. La tipologia di chi accumula esperienze sul web sta già attuando una rivoluzione nei comportamenti e nel mercato delle vacan
Il viaggiatore del futuro sarà sempre più alla ricerca di esperienze social, tanto da organizzare le proprie vacanze quasi unicamente in funzione dell’audience che potrà raggiungere online. Lo dice il rapporto «Future Traveller Tribes 2030 » , realizzato da Future Foundation per l’operatore turistico internazionale Amadeus, che ha provato a indicare le abitudini, i trend e i comportamenti d’acquisto del turista dei prossimi decenni.
Fra i sei profili individuati — gli altri sono i puristi culturali, i viaggiatori etici, i fan della semplicità, i forzati del viaggio e i cacciatori di gratificazioni —, l’unico che si basa sulle tecnologie contemporanee che hanno rivoluzionato la nostra vita quotidiana è «l’accumulatore di esperienze social», colui che sceglierà le proprie destinazioni pensando all’apprezzamento che potranno suscitare le foto delle vacanze pubblicate su Facebook e facendo affidamento sulle recensioni e sulle raccomandazioni ricevute da siti e app come Yelp o Trip Advisor, ovvero portali con contributi scritti dagli utenti stessi che valutano, fra le altre cose, i ristoranti o le strutture alberghiere.
Il turista descritto da «Future Traveller Tribes 2030» sfrutta la vita offline per viaggiare online, si sposta non tanto per scoprire nuovi luoghi quanto per creare un’audience di pubblico attraverso Instagram, Facebook o Twitter, con un occhio al proprio punteggio su Klout — strumento online che serve a misurare la popolarità e l’influenza degli utenti dei social network, valutati da 1 a 100 — e un altro attento a realizzare scatti in grado di catturare l’attenzione degli amici e di finire condivisi sulle loro bacheche. Quello individuato dal rapporto è un profilo che si è andato delineando sempre più nitidamente nel nuovo millennio, quando le foto delle vacanze sono passate da un cassetto polveroso o da interminabili serate spese a mostrare diapositive agli amici, al pubblico (o quasi) dominio delle bacheche dei social network.
Questa transizione ha contribuito a dare un nuovo scopo al viaggio, ma anche a creare «un’epidemia di narcisismo e incoscienza» che, come spiega il «New York Times», induce i turisti a trasformare monumenti o siti d’interesse storico nei personaggi delle proprie vacanze. Non si tratta più di fotografare la Torre Eiffel dai giardini del Trocadero ma di interagirci quasi a mostrarne l’intimità del rapporto. È così che negli ultimi mesi, solo in Italia, due turiste californiane sono state arrestate a Roma mentre fotografavano le iniziali che avevano impresso sulle mura del Colosseo; due ragazzi hanno danneggiato la Statua dei due Ercoli a Cremona, simbolo della città, per scattare
un selfie notturno; tre turisti sudcoreani hanno centrato il Duomo di Milano con un drone, mentre cercavano di realizzare immagini panoramiche.
Nel profilo identificato da «Future Traveller Tribes 2030», i social network finiscono per influenzare dunque ogni aspetto delle vacanze, dalla programmazione, studiata per ottenere un maggior appeal ed effettuata online, al viaggio, basato princidi palmente sugli scatti da immortalare, fino al racconto, lasciato a gallerie fotografiche estremamente curate, che rendono l’immagine che si vuole trasmettere.
Non sempre, però, i risultati sono quelli desiderati. In un articolo apparso a fine agosto sul «New York Times» — e intitolato «Su Instagram, l’estate che non stai vivendo» — il problema è affrontato dal punto di vista dello spettatore che, mentre resta ancorato alla scrivania del proprio ufficio nel caldo afoso dell’estate, si vede scorrere davanti, ogni giorno, decine di fotografie di luoghi esotici e affascinanti, spesso immortalati da celebrità in vacanza su uno yacht al largo della Costa Smeralda o immersi nel mare della Polinesia.
«Osservare costantemente gli sviluppi positivi nelle vite delle persone non è necessariamente un bene per la nostra salute emotiva», ha spiegato al quotidiano newyorkese Ethan Kross, direttore dell’Emotion and SelfControl Laboratory dell’Università del Michigan, secondo cui scorrere passivamente le foto pubblicate sui social network aumenta l’invidia e la frustrazione, facendoci sentire peggio.
Non è un caso che l’hashtag Fomo, che identifica la paura totalizzante di perdersi qualcosa, sia da anni considerato uno dei principali effetti collaterali dell’utilizzo di Instagram, Facebook, Twitter o Snapchat.