Quella cattiva fama di uno strumento che sta invecchiando
Auditel fermo? Ci troveremmo di fronte a una situazione talmente inedita da prefigurare scenari sinistri per la tv generalista e per gli investitori pubblicitari. Se c’è uno strumento che ha contribuito a formare l’immaginario sulla tv negli ultimi 25 anni, questo è sicuramente l’Auditel, inteso soprattutto come entità discorsiva, come termine di riferimento e, per lo più, bersaglio polemico nelle comuni conversazioni. La cattiva reputazione di cui gode Auditel presso gli ambienti più fondamentalisti deriva da due pesanti distorsioni: la cattiva lettura dei dati (la media astratta con cui si sancisce la classifica dei programmi significa poco) e il conseguente uso editoriale che viene fatto. In altre parole, se si fa una tv tenendo presente come unico modello di riferimento Auditel è inevitabile che s’instauri la cosiddetta dittatura degli ascolti, che trionfi cioè il regno della quantità. Ma i veri problemi sono altri: oggi le piattaforme satellitari e quelle che forniscono la tv on demand in streaming usano sofisticati sistemi di rilevamento in grado di monitorare l’audience minuto per minuto. Non si tratta più di medie statistiche ma di dati reali. Da tempo, poi, i social funzionano come indice di gradimento. Auditel è stata finora la borsa ufficiale con cui i network generalisti hanno contrattato i costi degli spot. Cosa succederà adesso? Si andrà sulla fiducia o gli investitori vorranno avere dati certi e reali? E come faranno le reti a giustificare certi obbrobri?