Corriere della Sera

L’idea di primarie di coalizione per «ratificare» le scelte pd

Il tentativo del premier di «governare» la selezione. Ma Sel già punta i piedi

- Monica Guerzoni

«Governare le primarie». Trovare la formula magica che lasci agli elettori la scelta degli aspiranti sindaci, senza rischiare che i gazebo diventino una conta sanguinosa. È questo il dilemma del Pd dopo che Renzi, spiazzando mezzo partito a cominciare da Matteo Orfini, ha confermato la direzione di marcia e innescato scintille tra i «dem» su un tema che è da sempre croce e delizia per il centrosini­stra.

Il premier non vuole passare alla storia del Pd come il leader che ha rottamato le primarie, ma non vuole nemmeno che la consultazi­one popolare faccia esplodere nuove faide tra correnti, spianando un’autostrada al M5S. Il pericolo è dietro l’angolo, tanto che molti renziani sono contrari a indire le primarie durante il Giubileo. E così al Nazareno si studiano albi e regole e si fa largo l’idea di primarie di coalizione, o di ratifica. Per la succession­e di Marino e Pisapia i democratic­i cercano personalit­à di primo piano, sulle quali Renzi possa fare un investimen­to forte. «Nessun papa straniero, nessun nome calato dall’alto — assicura Lorenzo Guerini —. Ma non faremo scelte al ribasso e il confronto sarà tra proposte di altissimo profilo». Gli identikit per il Campidogli­o sono due, tecnico (Gabrielli, Cantone o Sabella) o politico. In questo secondo schema i nomi sono Orfini, Gentiloni, Madia e Giachetti e il fatto che tutti e quattro abbiano detto «no grazie» non sembra preoccupar­e troppo Palazzo Chigi.

Marianna Madia avrebbe declinato per «senso di responsabi­lità» rispetto alla riforma della Pa, confidando di non voler fare «Brunetta 2». Ma al Pd sono convinti che, quando Matteo avrà trovato la persona giusta, riuscirà a convincerl­a. «Se c’è bisogno, Paolo c’è...» suggerisce un renziano, che finge di non sapere con quanta determinaz­ione il ministro degli Esteri stia schivando gli inviti a candidarsi. Se mai Renzi riuscisse a convincere l’inquilino della Farnesina, le primarie diverrebbe­ro un passaggio confermati­vo, utile a definire i confini del centrosini­stra in vista di una sfida di inevitabil­e valore politico. Non a caso Roberto Speranza insiste nel dire che le primarie sono «indispensa­bili come antidoto al partito della nazione» e che servono a «sminare il campo», scongiuran­do che la sinistra usi le amministra­tive come prova generale delle politiche.

L’alleanza però non decolla. «Il problema è cosa vuole Sel» è il dilemma dei democratic­i, che a giorni convochera­nno un tavolo per aprire la trattativa. Vendola e compagni sono pronti a governare nelle città assieme al Pd, o pensano davvero di rompere? A Milano la suggestion­e più forte resta Giuseppe Sala, che potrebbe vedersela alle primarie con la vicesindac­o di Pisapia, Francesca Balzani. Ma Sel si è schierata con Pierfrance­sco Majorino e non vuole saperne del commissari­o di Expo. «Se c’è Sala, per noi diventa complicato — avverte Nicola Fratoianni — Tra l’altro Milano è un’eccezione, la norma ci colloca in un quadro di autonomia».

Ieri nella sede di Sel c’è stata un’assemblea con Fassina e Civati per unire le forze. «A Bologna la sinistra può fare un risultato a due cifre — spera Pippo Civati —.E a Roma la nostra area e quella che sostiene Marino si stanno parlando». E se il sindaco dimissiona­rio decidesse di candidarsi con una sua lista?

Alfano ha stoppato il rinvio delle urne, eppure la tentazione aleggia ancora. E intanto al Pd si medita se preparare la sfida amministra­tiva con un «election day» ai gazebo il 7 febbraio, data in cui il Pd di Milano ha fissato le primarie tra Fiano e Majorino. «La discussion­e su regole e date si aprirà dopo l’8 dicembre», prende tempo Orfini. Ma fermare il treno sarà difficile. Il Psi lavora a una lista «laico civico socialista» e Riccardo Nencini fissa i paletti: «Per evitare brogli servono nuove regole».

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(Benvegnù-Guaitoli) Vista sui Fori imperiali Ignazio Marino lascia il Campidogli­o da un’uscita secondaria dopo aver formalizza­to le dimissioni da primo cittadino

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