IL REALISMO ATTENTO DI ANGELA LA NON BUONISTA
È buona, o almeno molti tedeschi pensano che lo sia, ma evita di cadere nella trappola stucchevole del buonismo. Stiamo parlando di Angela Merkel, che ha detto di non «poter immaginare» l’eventualità di ospitare profughi a casa sua. Una affermazione, questa, che si adatta totalmente al suo stile anti-declamatorio e realista. Il mondo si era invece abituato da tempo alla dolciastra gara di chi annuncia la volontà di svuotare con un cucchiaino il mare agitato dell’emergenza migranti. Lo ha fatto il premier finlandese Juha Sipilä, imprenditore liberale conquistato dal moderatismo compassionevole. Altri lo hanno imitato. Perfino un «cattivo» come Matteo Salvini ha fatto un passo in questa direzione. Precisando però di avere «un monolocale». La donna più potente del mondo ha rispetto per chi ha fatto la scelta dell’accoglienza privata, ma pensa che il suo «dovere» sia quello di «fare tutto il necessario affinché lo Stato sia in grado di gestire la situazione in modo sensato». «Sensato», una parola che più merkeliana di così non si potrebbe. Non dispiace, comunque, questo pacato richiamo alla necessità che la politica risolva i problemi. Evitando le strizzate d’occhio e calcolando però costi e benefici di questa mancanza di protagonismo caritatevole. Sicuramente Angela ha fatto anche i suoi conti. È una donna che governa sondaggi alla mano, compiuti continuamente da agguerriti gruppi di lavoro che occupano molte stanze della cancelleria. Al suo confronto Berlusconi era un dilettante. Perché se è vero che gli esempi di solidarietà aumentano, è anche vero che la sua popolarità è diminuita sensibilmente dopo la decisione di aprire le porte ai disperati. I cristiano-sociali, poi, sono in rivolta e invitano Orbán ad avvelenare le loro platee. Per risalire la china è meglio evitare in ogni caso il buonismo.