Corriere della Sera

Ravasco, il re degli orafi virtuoso delle pietre

- Di Pierluigi Panza

Nel Rinascimen­to e nei secoli successivi l’oreficeria era, naturalmen­te, un’arte e il valore delle sue creazioni spesso superava quello di celebrate opere pittoriche che osserviamo oggi nei musei. Nel 1627-28, quando fu redatto l’inventario dei beni dei Gonzaga a Mantova, risultò ad esempio che un diamante grande legato in «panizzola d’oro» e un altro senza fondo valevano da soli 120 mila lire, più di tutta la quadreria composta da 1.358 tele e tavole.

Questo per testimonia­re quanto l’attività di Alfredo Ravasco, il principe degli orafi itastament­o liani del XX secolo, sia stata vera arte. A lui il Fai (Fondo per l’ambiente italiano) dedica da questa sera una mostra (Villa Necchi Campiglio, Milano, sino al 6 gennaio), che è anche un richiamo a ciò che si è perduto con la riproduzio­ne tecnica dei pezzi d’arredo.

Ravasco nacque a Genova nel 1873 da padre orafo; suo fratello era scultore. Nel ’74 la famiglia si trasferì a Milano e qui Alfredo imparò l’uso del cesello da Eugenio Bellosio. Poi si mise a bottega dal padre e a sua volta prese a insegnare cesellatur­a alla Società Umanitaria. Nel ’12 aprì la sua ditta in via Rugabella con i fratelli e qui diventò uno dei maggiori orafi. La sua qualità stava nell’accoschett­e,

Coppetta in agata e corallo

coloristic­o e nel l’uso delle pietre dure senza una specifica gerarchia di accostamen­to. Alternava lapislazzu­li, malachite, agate, cristallo di rocca in raffinate composizio­ni. Si specializz­ò nella realizzazi­one di coppe, ciotole, va- centritavo­la, ma dal 1925 incominciò a esporre alle Biennali di Monza (che precedono la Triennale) anche i portaprofu­mi, pendolette da viaggio e da tavolo e orologi da camino. Il successo dei sui pezzi gli fruttarono una pioggia di cavalierat­i e onorificen­ze. L’elenco dei suoi clienti va dai Savoia a Pio XI, da Padre Gemelli a Italo Balbo e Mussolini. Ma proprio le bombe della Seconda guerra mondiale gli distrusser­o il laboratori­o e gli stessi anni Quaranta furono fatali ai suoi tre fratelli. Ravasco morì nel 1958 a Milano lasciando tutto alle Stelline, che misero in parte all’asta i suoi pezzi nel 1961 e nel 1966.

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