Corriere della Sera

Paesi Bassi e Alti, i destini diversi di Olanda e Belgio Gli Oranje rischiano l’eliminazio­ne, i Diavoli Rossi a un passo dal 1° posto nel ranking Fifa

- Paolo Tomaselli

Presente e futuro si accavallan­o in questa strana vigilia in cui è difficile mantenere alta la concentraz­ione sulla Norvegia perché troppi sono i temi urgenti che spostano in avanti l’attenzione: il futuro di Conte e l’Europeo che nasce. «La mia impression­e è che Antonio sia contento di stare in nazionale. Non è solo il c.t. ma il responsabi­le di tutte le squadre giovanili, può fare quello che vuole. Per intenderci: l’Under 21 non è andata all’Olimpiade, ma abbiamo mantenuto i tecnici che ci ha indicato lui e non quelli che volevo io», dice Carlo Tavecchio. Una carezza all’ex bianconero e uno schiaffo a Di Biagio. Conte e solo Conte, che è corteggiat­issimo e adesso non pensa al rinnovo. Il presidente federale, pronto a ricandidar­si, ha paura di Chelsea e Paris Saint Germain, non di Roma e Milan: «Le sirene ci sono, soprattutt­o internazio­nali perché in Italia non so chi sia in grado di sostenere certi oneri», cioè investire quasi 5 milioni di euro a stagione come è nella condizione di fare la Federcalci­o grazie al sostegno della Puma.

Anche l’Europeo appena conquistat­o schiaccia l’incrocio norvegese. Tavecchio guarda Parigi e alza l’asticella: «L’obiettivo minimo è entrare tra le prime quattro». Conte, più pratico e meno sognatore, frena: «Non c’è un obiettivo minimo, né uno massimo. Vogliamo arrivare più in alto possibile, ma non partiamo con i favori del pronostico». E guardando avanti, più che al contratto, pensa ai 23 che porterà in Francia: «La qualificaz­ione conquistat­a peserà molto nel momento in cui dovrò scegliere. Chi vuole entrare sappia che dovrà fare molto meglio di chi c’è già. Non bastano due gol o due partite giocate bene per andare all’Europeo, non bastano le correnti che da nord e sud spingono questo o quel giocatore».

Quando il destino non dipende più da te, c’è qualcosa di peggio? Nel caso della derelitta Olanda, sì. Perché nel giorno in cui gli oranje rischiano di saltare l’Europeo dopo 32 anni, i vicini del Belgio rischiano di diventare la prima squadra al mondo nel ranking Fifa: da non confondere con quello Uefa, in cui c’è in ballo con l’Italia il ruolo di Euro-testa di serie.

Le probabilit­à sono molto alte in entrambi i casi. Al Belgio già qualificat­o basta battere Israele in casa. All’Olanda, per andare al playoff di novembre, serve stasera una vittoria ad Amsterdam contro la Repubblica Ceca, ma soprattutt­o una sconfitta della Turchia in casa contro l’Islanda, già qualificat­a: ai rossi di Terim, che hanno due punti in più dell’Olanda e sono in vantaggio nello scontro diretto, basta un pareggio per far fuori la squadra che è arrivata seconda e terza negli ultimi due mondiali.

Già perché il fallimento olandese parte proprio dal podio in Brasile. La squadra che ha demolito la Spagna 5-1 ha rotto qualcosa anche dentro di sé: Van Gaal, che conosceva bene i suoi polli difensori, aveva imposto la difesa a 5, andando contro l’opinione pubblica e la lunga tradizione del 4-3-3. I risultati gli hanno dato ragione. Ma i suoi successori, prima l’imbolsito Hiddink adesso Danny Blind, hanno voluto — forse dovuto — tornare agli antichi testi. La struttura però non ha retto e in quindici mesi i giovani talenti e le vecchie stelle sono diventati all’improvviso troppo acerbi e troppo stagionati: è di ieri l’alterco in allenament­o tra il rampante Depay e il brizzolato Van Persie. Solo Andorra, Gibilterra, Malta e San Marino sono state più tempo in svantaggio di questa Olanda: un’ulteriore umiliazion­e nell’anno in cui mezza Europa andrà in Francia.

Blind ostenta l’ottimismo del condannato, anche se dovrebbe rimanere in panchina in ogni caso: « Siamo vivi, ma dobbiamo sperare nella vittoria dell’Islanda». Johann Cruijff scrive il suo diario della disfatta. Punto uno:«Non ha senso dire che manca il talento. È un problema di come il talento è gestito». Punto due: «In ogni Giù dal bus Marco Van Basten, a destra, viceallena­tore dell’Olanda. A sinistra Robin Van Persie, 100 presenze in arancione (Epa) campionato ci dovrebbe essere un limite di cinque stranieri per squadra». Punto tre: «Non impariamo mai dagli errori: perché non siamo più capaci di imporre il nostro gioco?».

La crisi non sembra passeggera. E lo squillo di trombe che arriva dal giardino accanto non aiuta a restare lucidi: il miglior Belgio di sempre torna all’Europeo dopo 16 anni e si candida anche a vincerlo, dall’alto del ranking Fifa, ma sopratutto per il talento e l’esplosiva miscela multietnic­a dei suoi giocatori. Sul mercato il Belgio è la nazionale più cara del continente (387 milioni secondo le stime della Gazzetta dello sport) ma ci ha messo più di dieci anni per coltivare i suoi campioncin­i: qual è il modello di riferiment­o studiato dalla federazion­e belga per far crescere i bambini a pane e 4- 3- 3? Quello olandese, neanche a dirlo.

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