Il verdetto del buon senso: non doveva arrivare fin lì
UNA QUESTIONE POLITICA
Di un assessore con «spiccata capacità criminale», come scrive il giudice nell’ordinanza d’arresto ci sarebbe poco da dire: non doveva arrivare in quel posto. Di un’amministrazione che ne fa il responsabile della Sanità e il vicepresidente della Regione Lombardia c’è molto da obiettare.
Con la scia degli intrighi affaristici lasciati dalla giunta Formigoni, il blitz di ieri appare come il segnale evidente di una maldestra continuità.
Valgano per Mario Mantovani, ex senatore, ex plenipotenziario lombardo di Forza Italia, ex assessore alla Sanità, i discorsi fatti in questi casi per ogni indagato: aspettiamo che le accuse della Procura siano provate o smentite. Ma dietro una vicenda che riporta indietro le lancette della questione morale anche al Nord e riunisce il Paese in una sfilza di piccole e grandi ruberie, c’è il disorientamento dei tanti cittadini che si stanno rimboccando le maniche tra tagli e sacrifici e cercano di uscire dal pantano della crisi.
È difficile spiegare, a chi non ha attenuanti se sbaglia una lettera su un modulo fiscale o non viene perdonato se paga un bollettino in ritardo, che un politico, un pubblico ufficiale che dovrebbe essere al servizio della comunità, «ha una propensione alla violazione delle regole», trucca le aste, briga per gli appalti, usa i suoi poteri per interessi personali, traffica per sistemare i suoi sodali. È difficile chiedere il rispetto delle regole se chi dovrebbe dare l’esempio è il primo a violarle, facendo prevalere attraverso il potere della carica il particulare di guicciardiniana memoria, ostentando perfino il proprio conflitto di interessi (Mantovani è il fondatore della Cooperativa Sodalitas, che si occupa di residenze per anziani).
La Regione Lombardia è di nuovo epicentro di corruttele e non ci sono modelli da esportare, come voleva il presidente
Legalità Poca trasparenza nella gestione della Sanità regionale
Maroni. C’è soltanto imbarazzo, mentre le opposizioni chiedono le dimissioni della giunta e si affaccia l’ipotesi di elezioni anticipate. Il segretario della Lega, Matteo Salvini, parla di giustizia a orologeria: «I fatti si riferiscono al periodo tra il 2012 e il 2014. Chi sbaglia paga, ma nulla succede per caso», dice. Anche le dimissioni di Mantovani però non sono un caso. È stato dismesso dall’incarico appena in tempo, prima che venisse arrestato da assessore: sembra quasi che la maggioranza di centrodestra se l’aspettasse, che non fosse neanche troppo nascosta una certa propensione all’uso privato del ruolo pubblico. E che ruolo: l’assessorato alla Sanità in Lombardia è un ministero che gestisce l’80 per cento del budget regionale, 18 miliardi, un settore cruciale per la vita dei cittadini, oggi al centro di una riforma contestata e passata a maggioranza. Un assessorato che si vorrebbe vedere pulito ed efficiente dopo gli scandali e gli sperperi del passato, guidato con onestà e trasparenza e non visto come una greppia per dividere appalti, destinare fondi agli amici, nominare direttori o primari secondo uno schema monotono e ripetitivo, mascherato dalle parole di circostanza a ogni convegno: parole come onestà, merito, umanizzazione che, a dispetto di medici e infermieri che ci credono, non corrispondono poi ai fatti.
Il caso non riguarda soltanto Mantovani: le accuse di cordi ruzione, concussione e turbativa d’asta riguardano anche un assessore della Lega, Massimo Garavaglia, direttori di Asl e funzionari della Regione. Tutti erano attesi ieri mattina a un convegno nella nuova sede della Regione. Titolo: trasparenza e legalità. Due parole che nell’interpretazione della politica molto spesso hanno un senso opposto a quello che gli attribuisce il Devoto Oli. Quasi un segno del destino o del contrappasso per l’ex assessore in disgrazia. Viene da ripensare a un suo collega socialista al Comune di Milano, che una sera al dibattito sulla trasparenza si lasciò andare a questa considerazione: «La trasparenza? Faremo i danee de veder ». Ma il soldi non sono di vetro e la trasparenza alla Regione Lombardia è ancora opaca.