«Fu un missile russo ad abbattere il Boeing malese in Ucraina»
Il rapporto olandese sul disastro. Ma Mosca: «Lanciato dalle forze di Kiev»
Adesso sappiamo ufficialmente quello che era chiaro a tutti dall’inizio: il jet della compagnia aerea malese con 298 persone a bordo abbattuto nei cieli del Donbass nel luglio dell’anno scorso fu colpito da un missile di fabbricazione russa, un Buk. Ma chi lo lanciò? La commissione d’inchiesta olandese che ieri ha reso note le sue conclusioni non lo dice e su questo punto la Russia sta facendo fuoco e fiamme per dimostrare che i ribelli non avevano armi di questo tipo, e che comunque il missile partì da una zona non controllata da loro. Conclusione alla quale sono in pochi a credere. Per di più, rimane il fatto che 17 minuti dopo il tragico incidente che costò la vita a tutti coloro che erano sul Boeing, uno dei leader dei separatisti filo russi, Igor Strelkov, si vantò di aver «tirato giù» un apparecchio da carico delle forze governative ucraine. Solo più tardi l’errore fu evidente e il post venne cancellato dalla sua pagina Facebook. Ma il rapporto olandese, che ha fatto infuriare il Cremlino («l’indagine non può essere definita obiettiva»), dice anche altre cose preoccupanti.
Intanto che in quel momento del 17 luglio 2014 altri tre aerei si trovavano «nelle immediate vicinanze» del jet abbattuto. E poi che le autorità ucraine e i responsabili di decine di
compagnie aeree avrebbero dovuto capire che quella zona era pericolosa e non fecero nulla. Kiev chiuse lo spazio aereo solo al di sotto dei 9.750 metri di quota. I jet che passavano a diecimila metri (appena 250 metri più in su, per capirci) avrebbero dovuto essere al sicuro. E ben 61 compagnie presero per buona questa notifica e continuarono a «tagliare» attraverso l’area di guerra per risparmiare migliaia di euro di carburante. In quella sola giornata, gli aerei di linea che solcarono quei cieli pericolosissimi furono 160.
È tragica, poi, la ricostruzione di cosa avvenne in quei minuti. Frammenti che volavano a una velocità fra i 4.500 e i 9 mila chilometri orari colpirono la cabina di pilotaggio separandola dal resto del velivolo. I piloti morirono all’istante. L’onda d’urto dell’esplosione si propagò con un rumore assordante per il resto della fusoliera, provocando nausea, stordimento e perdita di conoscenza in molti dei passeggeri che all’improvviso si trovarono esposti all’atmosfera esterna, priva di ossigeno e a una temperatura di 50 gradi sottozero. Lo spostamento d’aria strappò addirittura i vestiti di dosso a parecchie delle persone a bordo. Tutti poi, coloro che erano svenuti e quelli ancora in sé, precipitarono per dieci chilometri, fino al mortale impatto con il suolo.
Per spiegare che i ribelli non hanno alcuna responsabilità, la ditta russa che costruisce i Buk ha presentato proprio ieri una sua ricostruzione dei fatti, affermando che il razzo sarebbe partito da una località diversa da quella indicata, Zaroschensky. Solo che una indagine del giornale d’opposizione Novaya Gazeta è giunta alla conclusione che anche quel villaggio era nelle mani dei ribelli in quei giorni.
L’inchiesta La ricostruzione: la cabina si staccò dal resto del velivolo, i piloti morirono all’istante