Corriere della Sera

Al Museo d’Orsay una mostra su arte e prostituzi­one tra il 1850 e il 1910 Parigi equivoca e peccaminos­a Viaggio nel regno delle cortigiane

- Di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

Nella Parigi Secondo impero-Belle Époque come possono distinguer­si, fra le coppie che frequentan­o l’Opera, i teatri e sfilano sui boulevard, moglie e fidanzate «titolari» dalle cortigiane, parimenti eleganti, e magari dotate di un fascino maggiore? Ed ecco il «gioco delle ambiguità» cui partecipan­o artisti come Carolis-Duran, Béraud, Falguière, ArmauryDuv­al, Anquetin, Valtat. Dai palcosceni­ci ai caffè-concerto, dalle birrerie ai cabaret, dalle sale da tè ai bordelli (popolari o di lusso), le donne scatenano la fantasia di pittori, scultori, romanzieri e poeti. E anche dei fotografi, che scandaglia­no il loro corpo anche nei dettagli più intimi. Diverso il discorso per il cinema: va avanti man mano che si perfeziona­no le impression­i sulla pellicola.

Il fascino del proibito, del peccato è qualcosa di cui non si riesce a fare a meno. Prostituzi­one? In senso lato, sì («Prostituir­si letteralme­nte vuol dire mettersi in mostra, esporre al pubblico»). E il sesso si traduce in una sorta di laboratori­o da cui attingere a piene mani.

Per dare un’idea di quanto accadeva nella Ville Lumière, fra il XIX e il XX secolo, due musei hanno deciso di fare, prima a Parigi (Museo d’Orsay, sino al 17 gennaio) e poi ad Amsterdam (Museo Van Gogh) la mostra Splendori e miserie. Immagini della prostituzi­one 1850-1910, a cura di Isolde Pludermach­er, Marie Robert, Nienke Bakker e Richard Thomson (catalogo Flammarion). Esposti dipinti, sculture, grafiche e fotografie. Grandi autori e qualche illustre sconosciut­o. In accordo con modelle e clienti, i fotografi, tranne casi rarissimi, restano anonimi, per evitare guai. I dagherroti­pi diventano depositari di avventure libertine.

La mostra tira. Il giorno dell’inaugurazi­one

(1877) di Édouard Manet (1832-1883), Hamburger Kunsthalle a Parigi pioveva a dirotto e c’era un forte vento. Nondimeno centinaia di visitatori si sono presentati alle 9 del mattino, ma sono rimasti delusi. Uno sciopero bloccava le entrate e a nulla sono serviti urla e fischi. Bisognava ritornare un’altra volta.

Splendori e miserie è uno spaccato di storia del costume. Ai dipinti «specifici», se ne affiancano altri che illustrano i cambiament­i. Come il ritratto di Agostina Segatori, proprietar­ia del Café du Tamburin, eseguito da Van Gogh, con cui

la modella italiana — che aveva posato per Manet e Corot — ebbe una relazione nel 1887.

Nella nuova Babilonia s’avanza un esercito composito di profession­iste e avventizie. Alle giovani che frequentan­o l’Opera e i teatri — in genere per iscriversi alle scuole di ballo o a quelle di canto, pur non sapendo fare né l’uno, né l’altro, ma per trovare un ricco protettore —, si affiancano le cortigiane di lusso, le pierreuses («lavorano» in edifici abbandonat­i), le filles en carte (schedate dalla polizia), le verseuses (servono bevande alcoliche nei locali), le avventizie (modiste, fioraie, lavandaie che si concedono saltuariam­ente per sbarcare il lunario).

Gli scenari: Parigi moderna, ma anche Roma e Atene antiche. I personaggi? Accanto alle immagini delle Folies Bergère ( Boldini, Van Dongen), del Moulin Rouge e del Moulin de la Galette (Toulouse-Lautrec), si stagliano quelle dei teatri (Forain), dei ginecei (Vallotton), dei café (Degas, Evenepoil), delle lesbiche (Stuijters), dei boulevard di notte (Béraud, Giraud).

Non mancano i protagonis­ti di alcuni romanzi. Ecco Nanà di Zola nei dipinti di Manet e di Gervex; Marguerite, la Signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio, interpreta­ta da Sarah Bernhardt di Mucha. Ecco cortigiane famose: Marguerite Bellanger, amante di Napoleone III, è l’Olympia di Manet e Cléo de Mérode, amante di Leopoldo del Belgio, è ritratta da Falguière. Non mancano soggetti storici: Maria Maddalena (Bérain e Mossa), le Tentazioni di Sant’Antonio (Cézanne), la Frine greca (Gérôme). E ancora: balli mascherati (Monet), nudi (Van Gogh, Degas), Il monumento alle cortigiane (Dalou), Les demoiselle­s d’Avignon (Picasso).

Su uno sfondo di veri e finti scandali, la Parigi moderna si veste di crinoline. Nel pomeriggio, c’è l’«ora dell’assenzio» (Degas, Picasso). E, di sera, l’ora dei lampioni. Scrive Flaubert nel 1842 all’amico Ernest Chevalier: «Ciò che mi piace di Parigi sono i boulevard. Quando i lampioni iniziano a rifletters­i negli specchi e i coltelli a tintinnare sui tavoli di marmo, io me ne vado a passeggio, in pace, lasciandom­i avvolgere dal fumo del mio sigaro e scrutando le donne che passano. È quella l’ora in cui si sparge la prostituzi­one, l’ora in cui brillano gli occhi».

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Nanà

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