L’angolo del contadino ora ha un posto al sole
uando la retorica del «piccolo è bello» probabilmente non era ancora nelle menti di grandi filosofi ed economisti anticapitalisti (e se esisteva, lui viveva volentieri facendone a meno), mio nonno mi portava nel suo orto a raccogliere i frutti del sudato lavoro di semina fatto nel tempo libero. E ai gusti schifiltosi della nipote, che rifiutava una mela appena colta per quei «piccoli e strani buchetti scuri», rispondeva così: «Quella è la prova che il frutto è dolce. Gli uccelli lo beccano solo quando sono sicuri che se ne andranno via soddisfatti». Trascorsi gli anni, quella lezione è tornata a galla in uno di quei supermercati di città in cui è apparso «l’angolo del contadino, prodotti degli agricoltori di zona». Bancali di verdura e frutta, in qualche caso beccata. Il rapporto tra i piccoli e la grande distribuzione, bisogna dirlo, non è mai stato idilliaco: accuse di logiche commerciali scorrette, proteste, paure, denunce di poca trasparenza e sfruttamento. Ora, forse, siamo a una svolta: la grande crisi ha cambiato tutto e anche i giganti della globalizzazione come McDonald’s si rivolgono ai piccoli e li valorizzano. Ma succede anche il contrario in una sinergia voluta dai tempi moderni come dimostrano, in tutt’altro campo, gli accordi tra Confcommercio e Unioncamere con i big di internet. Da tempo Esselunga sviluppa relazioni con i piccoli produttori italiani: sono ormai 40 i coltivatori di frutta e verdura che lavorano con il colosso di Bernardo Caprotti, 25 le micro realtà produttive italiane che si trovano sugli scaffali dei salumi e dei prodotti caseari. E allo stesso modo anche altre catene come Tigros stanno sperimentando una collaborazione con alcuni piccolissimi agricoltori locali con l’angolo del contadino. Al consumatore poi, la sua scelta.