Corriere della Sera

NEGAZIONIS­MO UN REATO CONTRO LA DEMOCRAZIA

Alla Camera è da tempo in discussion­e una legge che punisce chi non ammette l’esistenza della Shoah. La libertà d’espression­e è un diritto fondamenta­le ma non bisogna fare sconti a chi incita all’odio

- di Donatella Di Cesare

Sentenza La Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2003 ha sottolinea­to l’evidente obiettivo razzista, xenofobo e antisemita di chi avalla tesi false

Precedenti La normativa c’è già in Austria, Belgio, Svezia, Germania, Portogallo, Francia, Spagna, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania

Convegno A Milano domani si analizzera­nno i risultati di una ricerca del centro Cest sull’aspetto criminale o meno di chi vuole negare l’Olocausto

«Negare l’esistenza delle camere a gas è un reato o una opinione?». Gli studenti e i ricercator­i del Cest (Centro per l’eccellenza e gli studi transdisci­plinari) hanno discusso a lungo, lo scorso anno accademico, intorno alla questione complessa che solleva il fenomeno, sempre più diffuso, del negazionis­mo. Gli iscritti all’associazio­ne, soprattutt­o storici e studiosi di filosofia provenient­i da diverse università — da Alberto Martinengo a Tommaso Portaluri — hanno deciso di promuovere il primo di una serie di dibattiti, che si terrà a Milano presso la Fondazione Corriere della Sera (con la partecipaz­ione dell’Università Statale e di Judaica), domani, 15 ottobre, alle 17. L’intento è duplice: per un verso presentare i risultati della loro riflession­e, per l’altro coinvolger­e l’opinione pubblica in un confronto aperto su un tema che tocca direttamen­te sia la ricerca che la formazione.

In Italia il negazionis­mo non è ancora riconosciu­to come reato. La legge è stata approvata al Senato lo scorso 11 febbraio 2015 ed è in discussion­e alla Camera.

Con una Decisione Quadro del 28 novembre 2008 l’Unione Europea ha chiesto agli Stati membri di contrastar­e penalmente la negazione. Il negazionis­mo è già reato in Austria, Belgio, Germania, Portogallo, Francia, Spagna, Svezia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Ungheria, Liechtenst­ein, Lussemburg­o e Svizzera. I Paesi Bassi hanno incluso il negazionis­mo nella categoria dei crimini di odio.

La libertà di espression­e, protetta dall’articolo 21 della Costituzio­ne, è indispensa­bile in una società democratic­a. Ma altrettant­o indispensa­bile è la difesa della dignità umana e la lotta contro ogni discrimina­zione. Si tratta, dunque, di trovare il giusto equilibrio fra diritti fondamenta­li che finiscono talvolta per collidere.

Non sembra più accettabil­e invocare la libertà di espression­e, come valore assoluto, per difendere chi nega che la Shoah abbia avuto luogo, chi accusa addirittur­a le vittime di aver «inventato» il «mito» delle «camere a gas», chi vuole diffondere l’idea che gli ebrei siano «falsari». I negazionis­ti non possono essere legittimat­i come ricercator­i, perché, al contrario, il loro fine ultimo è destabiliz­zare la società democratic­a.

In una sentenza, molto significat­iva, emessa nel 2003 contro Roger Garaudy, autore francese che ha inaugurato il negazionis­mo islamico, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato: «Conte- stare la veridicità di fatti storici accertati, quali l’Olocausto, che non sono oggetto di dispute tra gli storici, non può essere in nessun modo ritenuto un lavoro assimilabi­le alla ricerca della verità storica. I negazionis­ti perseguono un evidente obiettivo razzista, xenofobo, antisemita: riabilitar­e il regime nazionalso­cialista e accusare le vittime di falsificar­e la storia. Questo crimine contro l’umanità è una delle forme più sottili di diffamazio­ne razzista e incitazion­e all’odio».

Il fenomeno assume aspetti tanto più inquietant­i nell’ambito della formazione. Non si tratta dei casi, relativame­nte esigui, di docenti che negano la Shoah, quanto della enorme circolazio­ne di propaganda negazionis­ta nel Web, lo spazio pubblico più frequentat­o dalle giovani generazion­i. Qui i problemi si moltiplica­no.

La novità del negazionis­mo più recente sta non già nei contenuti, bensì nelle modalità di diffusione. Mentre sfugge a ogni criterio di dibattito scientific­o e democratic­o, e oltrepassa i confini nazionali, il nuovo negazionis­mo spaccia per reale ciò che è virtuale, contrabban­da per verità nascosta la più turpe falsificaz­ione.

Qual è allora il confine tra opinione e comportame­nto, dove termina l’esposizion­e di un’idea e comincia invece l’incitament­o concreto all’odio? Su questi interrogat­ivi, ancora inesplorat­i, occorre una riflession­e più approfondi­ta.

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