Corriere della Sera

Una vittoria con paracadute

- di Francesco Verderami

ISenato non ha riscritto solo la Costituzio­ne, ha descritto un altro mondo: ecco la nuova Yalta della politica italiana.

Il voto sulle riforme disegna due blocchi contrappos­ti e in mezzo una sorta di no fly zone, un’area cuscinetto, dove si scorgono le rovine del vecchio patto del Nazareno. Certo, il fatto che la fine del bicamerali­smo non sia frutto di un accordo tra forze di maggioranz­a e opposizion­e bensì l’esito di un conflitto, contrasta con l’idea che due anni e mezzo fa ha dato vita alla legislatur­a costituent­e. Ma da allora molte cose sono cambiate, compreso il governo, e non c’è dubbio che da allora le riforme sono diventate (anche) un terreno di lotta politica.

Così sul campo si contano vincitori e vinti, che già si preparano alla sfida referendar­ia, dove i comitati del sì e quelli del no — attraverso il voto dei cittadini — tenteranno di definire le future frontiere. Intanto Renzi ha ottenuto ieri dal Senato — grazie a un’ampia maggioranz­a — una rinnovata legittimaz­ione, una sorta di fiducia costituzio­nale, tappa fondamenta­le per portare a compimento il suo ambizioso disegno: sancire la fine del bicamerali­smo paritario, tenere a battesimo la nuova Repubblica e infine guidarla. Ma l’esito non è scontato.

Arrivato un anno e mezzo fa al governo con l’ostilità del Palazzo e il consenso sostanzial­e della gente, ora ha conquistat­o il Palazzo perdendo però un po’ di smalto presso l’opinione pubblica. Il punto è che Renzi — presentato­si alla guida di una cordata di innovatori — ora rischia di essere vissuto come il capo di un nuovo establishm­ent. E per quanto le Amministra­tive non rappresent­ino un test politico, in quel voto si riverseran­no anche gli umori di un Paese che è solito cambiar verso rapidament­e nei riguardi di ogni premier.

Perciò non è un caso se il referendum costituzio­nale si terrà pochi mesi dopo le elezioni comunali, perché se in primavera il responso delle urne a Roma, Milano e Napoli fosse avverso al Pd, in autunno la consultazi­one popolare sulla Carta si trasformer­ebbe per Renzi in un paracadute, in un’occasione di rivincita e di rinnovata legittimaz­ione al cospetto degli italiani. È vero, la sfida decisiva verrà alle Politiche, lì si vedrà se il leader democratic­o avrà saputo intercetta­re gli italiani. Ma il passaggio del referendum sarà dirimente, perché servirà a formalizza­re i confini della nuova Yalta o a decretarne l’immediato fallimento.

Al referendum si misurerà la forza d’urto dei Cinquestel­le e dei leghisti, che certo non si giocavano la loro partita in Parlamento. Con i comitati per il sì al referendum si capirà se i centristi di Alfano — che sulle riforme hanno visto riconosciu­ta la ragione sociale del loro partito — sapranno aggregarsi insieme ad altri e costruire un campo più largo, elettoralm­ente attrattivo. È il referendum che chiarirà le sorti di Forza Italia, divisa ieri nel voto al Senato e schiacciat­a sotto il peso di vecchie contraddiz­ioni e del giovane alleato leghista.

Renzi si avvia ad intestarsi la paternità della Terza Repubblica, che poggia però su basi ancora da consolidar­e. C’è un motivo quindi se Napolitano, che delle riforme è stato patron e architetto, ha esortato il premier a porvi rimedio oltre che attenzione. Il presidente emerito della Repubblica non ha inteso criticare la mancanza di qualità lessicale, che pure

Osservazio­ni Il presidente emerito Giorgio Napolitano ha centrato il discorso su aspetti da correggere Paragoni Come avviene nella Formula 1, nessuna simulazion­e garantisce la bontà di un progetto

emerge dalla lettura delle nuove norme costituzio­nali, ma ha centrato il suo discorso in Aula su aspetti da correggere per spazzar via ogni accusa e timore sull’imprinting della Carta.

È vero che le riforme sono come delle Formula 1, che nessun test in galleria del vento nè simulazion­e al computer può anticipare la bontà di un progetto: che — insomma — bisogna girare in pista, cioè far entrare a regime una legge per provarla. Ma un sistema che per molti versi è presidenzi­ale senza formalment­e esserlo, ha bisogno di essere temperato, e Napolitano ha individuat­o nella legge elettorale il punto su cui intervenir­e. Possibile che Renzi non faccia tesoro del suggerimen­to?

Perciò, piuttosto che lasciare l’Aula in segno di ostilità verso l’ex capo dello Stato, il gruppo di Forza Italia avrebbe fatto meglio ad ascoltarlo, perché Napolitano ha sollevato — a suo modo — lo stesso identico problema posto dal capogruppo Romani a più riprese. Peccato: è stato un altro segno di come le riforme siano state usate in base alla convenienz­a politica del momento. E in questo caso non ci sono vincitori e vinti.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy