Lo storico: è un falso clamoroso, l’incontro con Hitler solo nel 1941
Canali: ma il leader islamico era antisemita e in sintonia col nazismo
anche le vicende del Medio Oriente nel periodo fra le due guerre (per esempio con «Mussolini e il petrolio iracheno», Einaudi 2007).
Basta incrociare due date per svelare la bufala: Haj Amin alHusseini incontra Hitler, dopo una rocambolesca fuga dall’Iraq among the nations») Netanyahu cita le testimonianze al processo di Norimberga, in particolare quella di Dieter Wisliceny, assistente di Adolf Eichmann: «Il Gran Mufti è stato uno degli iniziatori dello sterminio sistematico, è stato un consigliere e un collaboratore». Edy Cohen, docente all’università Bar-Ilan, condivide in parte l’interpretazione del primo ministro. «Di sicuro Hitler e Haj Amin al-Husseini — spiega al New York Times — si dove aveva tentato un golpe anti-britannico, nel novembre 1941, quando la politica di sterminio del popolo ebraico era già avviata; il massacro di Babij Jar, il fossato nei pressi di Kiev dove i soldati nazisti uccisero 33.771 civili ebrei, è della fine di settembre dello stesso Berlino 1941 Haj Amin al-Husseini incontra Hitler: è arrivato in Germania dopo la fuga dall’Iraq dove aveva tentato un golpe antibritannico ispirarono a vicenda. Il Mufti propose di deportare gli ebrei del Medio Oriente in campi di concentramento in quella che era allora la Palestina sotto mandato britannico». Per poi — commenta alla radio Tzahi Hanegbi, fedelissimo di Netanyahu nel Likud — «vederli sterminare dai nazisti che era sicuro avrebbero conquistato la regione».
@dafrattini anno. Tuttavia, secondo Canali, Netanyahu ha costruito una tesi falsa su dati veri o verosimili: è vero per esempio che in un primo tempo il Führer pensava di confinare gli ebrei in una enclave lontana dall’Europa, ma quando capì che così avrebbe favorito la nascita di una nazione ebraica abbandonò l’idea.
« Il gran Muftì di Gerusalemme, figlio del radicalismo islamico, tra i primi sostenitori dei Fratelli Musulmani, era fautore di un panarabismo che univa una forte politica anti-inglese all’odio contro gli ebrei - dice Canali -. Con il crollo dell’impero ottomano e la nascita dei mandati britannici e francesi, dopo il sogno iniziale di costruire una nazione panaraba, una Grande Siria che comprendeva la Mesopotamia e anche la Terra Santa, al-Husseini circoscrive le sue ambizioni alla Palestina. Il suo principale obiettivo è ostacolare la realizzazione della dichiarazione Balfour del 1917, che favoriva la nascita di un focolaio ebraico in Palestina».
Evaporata l’illusione panaraba, «è evidente che al-Husseini, personaggio centrale nel radicalismo mediorientale fra le due guerre, saluti con favore l’ascesa al potere dell’antisemita Hitler e cerchi alleanze anche con l’Italia». Prima di andare a Berlino, dove incontrerà Ribbentrop e Hitler, il Muftì passa dall’Italia ( il ministro degli Esteri Ciano ammetterà di averlo finanziato).
Durante la guerra si spinge a organizzare dei reparti musulmani nei Balcani che si distingueranno nella lotta contro i partigiani di Tito e soprattutto nel massacro degli ebrei bosniaci. Dalla Germania, a conflitto concluso, al-Husseini cercherà rifugio in Svizzera, verrà catturato in Francia e fuggirà in Egitto per nascondersi infine nella citta vecchia di Gerusalemme, dove gli inglesi non riterranno prudente andarlo a scovare.
Il nome del Gran Muftì tornerà infine al processo di Norimberga, tra gli amici di Eichmann, il burocrate della «soluzione finale». Ciò non toglie che al-Husseini sia da iscrivere tra i seguaci, non certo tra gli ispiratori di Hitler.