«Ecco gli ispettori, facciamo cinema» Così l’Israelitico truffava la Sanità
Una talpa avvisava sulle verifiche: 14 arresti, c’è l’ex numero uno dell’Inps Mastrapasqua
Si divideva tra i suoi molti incarichi in società pubbliche e fondazioni private, ma Antonio Mastrapasqua — presidente dell’Inps fino al 1 febbraio 2014 — secondo l’accusa era a conoscenza della pratica dei rimborsi gonfiati all’ospedale Israelitico. Una truffa che, dicono i magistrati, avrebbe causato un «buco» nelle casse regionali da circa 13 milioni. E che lui, direttore generale e amministrativo dell’istituto accreditato presso il servizio sanitario nazionale, è accusato di aver incoraggiato brevettando anche nuovi escamotage. Per questo è da ieri agli arresti domiciliari insieme con altre 13 persone.
Dietro suo input, fra il 2009 e il 2013, medici, infermieri e personale amministrativo si sarebbero dedicati al preconfezionamento di falsi attestati con cui battere cassa in Regione e vedersi riconfermato lo stanziamento annuale. Per un totale di circa 2.000 cartelle false.
Da un’operazione all’alluce, l’ospedale (che ieri, pur rendendosi disponibile a collaborare con i magistrati ha confermato la sua fiducia nel management dirigenziale) avrebbe guadagnato quanto da una complessa biopsia. E per un intervento ambulatoriale avrebbe ottenuto il rimborso per un intero Day Hospital: lo dimostra l’analisi di 307 cartelle del 2012 e altre 238 del 2013 effettuata dai carabinieri del Nas guidati dal colonnello Dario Praturlon.
È il quadro che si ricava anche dall’ordinanza del giudice Paola Tomaselli: «Su determinazione di Mastrapasqua — scrive — si procedeva all’organizzazione di squadre composte da medici e infermieri dediti alla raccolta di documentazione e falsificazione delle cartelle incomplete o mancanti». Una retata di professionisti e colletti Le minacce al telefono Se ci sarà un verbale dal quale manca un documento... uno... la direzione sanitaria viene azzerata. Mando a casa tutti, tutti quanti
Le «squadre» Sono state create squadre di medici e infermieri dediti alla raccolta di documentazione e falsificazione delle cartelle bianchi con pochi precedenti. Che ha portato ai domiciliari, fra gli altri, il primario di ortopedia, Elvira Di Cave, il direttore sanitario Luigi Spinelli, il chirurg on aim-Nas roll ah, il responsabile del servizio di prevenzione della AslRic cardo Pezzi( che si sarebbe prestato ad avvisarli dei controlli ), il responsabile degli affari generali Batia Popel.
Le intercettazioni svelano che la leva più frequentemente agitata da Mastrapasqua per chi non si fosse adoperato alla causa truffaldina era il licenziamento in tronco: «Se ci sarà un verbale dal quale manca un documento... uno! non due, o manca una firma o la terapia, per quanto mi riguarda la direzione sanitaria viene azzerata... Cioè mando a casa tutti, il direttore sanitario, tutti».
Pare funzionasse. Le indagini dei magistrati Corrado Fasanelli, Maria Cristina Palaia e Francesco Caporale, individuano un «intensificarsi di condotte delittuose a seguito del monito di Mastrapasqua il 21 agosto 2014». In quei giorni si sarebbe toccato lo zenit del taroccamento di cartelle: «Essendo le diarie atti costituiti in molti casi da centinaia di pagine — scrive il gip — l’idea escogitata è quella di registrare falsi protocolli retrodatati delle altrettanto false lettere che giustificano la perdita o lo smarrimento di dette diarie». Un dirigente dell’ospedale al telefono diceva: «C’erano delle cartelle che mancavano, le hanno diciamo, ridefinite».
Sotto simili pressioni i vertici ospedalieri ormai dialogavano tra loro in slang: «Facciamo un po’ di Cinecittà», si ascolta in un’intercettazione (inteso, trucchiamo un po’ le carte quando vengono gli ispettori). Non solo: spazi inagibili venivano riconvertiti a reparto o ambulatorio per ospitare prestazioni sanitarie da «scaricare» sui centri di costo pubblici. A Mastrapasqua è contestata anche l’inadempienza alle norme di sicurezza per aver ricavato postazioni lavorative dai locali destinati ad archivio: «In un locale avente un’altezza media inferiore a 2 metri e 70 collocava dapprima 5 postazioni di lavoro, e poi altre 2, in violazione della normativa», scrivono i magistrati.
A gennaio 2014, il manager dai molti incarichi era stato costretto alle dimissioni dalla presidenza Inps (su pressione di Enrico Letta, allora premier) per un’altra inchiesta, quella sulla cessione di crediti Asl scaduti nei confronti dello stesso istituto previdenziale. La soddisfazione del governatore Nicola Zingaretti che ringrazia la procura stavolta è ampiamente giustificata: i primi sospetti di truffa sono stati denunciati proprio dalla Regione Lazio.