«Come tangente mi costrinse a pagare il suo avvocato»
Il pm: costruttore concusso dal funzionario del caso Mantovani. Pecorella: «Io estraneo. Soldi dal cliente»
La tangente? Sotto forma dell’asserito pagamento nel 2010, per conto del capo dell’edilizia scolastica del Provveditorato opere pubbliche Angelo Bianchi, di 100.000 euro di parcella all’avvocato che difendeva lo stesso funzionario pubblico arrestato nel 2008 a Sondrio: lo sostiene l’imprenditore Alessandro Crisafulli, perquisito per truffa allo Stato l’altro ieri dal pm Letizia Mannella e già con alle spalle una condanna a 4 anni per bancarotta. Ma lo smentisce Bianchi, arrestato per altre vicende il 13 ottobre con Mario Mantovani, ex assessore alla Sanità spesosi per non far spostare Bianchi dal Provveditorato; e lo nega l’avvocato (ed ex parlamentare pdl) Gaetano Pecorella, per un periodo difensore di Bianchi e Crisafulli. Col risultato che il pm Giovanni Polizzi — stando all’integrazione del 23 settembre alla richiesta di arresto di Bianchi e Mantovani — indaga sia il funzionario per «concussione» di Crisafulli, nell’ipotesi che lo abbia costretto a «pagare parte della parcella del legale che difendeva Bianchi a Sondrio»; sia Crisafulli per «tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni» ai danni di Bianchi.
Il 7 maggio 2014, infatti, Crisafulli (che lamenta disturbi di personalità) va con un uomo nell’ufficio di Bianchi a chiedergli «con toni alquanto alterati» la restituzione di 100.000 euro. Bianchi telefona impaurito a Pecorella, che lo invita a chiamare il 113 e fare denuncia. Dice Crisafulli: «Bianchi nel 2010, lasciandomi intendere che avrebbe avuto poteri di danneggiarmi, mi chiese di pagare, in sua vece, una parcella di Pecorella, suo legale a Sondrio e mio a Genova. Poiché il 70% del mio fatturato derivava dal Provveditorato, e la richiesta veniva dal responsabile di lavori che stavo eseguendo, mi sono piegato e ho pagato» denaro «ben distinto» dalla parcella «per il mio processo a Genova, pari a 58.000 euro comprensivi di 5.000 per una Smart».
«Crisafulli farnetica — ribatte Bianchi —, da gennaio 2014 vuole da me questi soldi e non ho ancora ben capito il perché, è una vera e propria estorsione» con «atti persecutori». Le verifiche Gdf sui pagamenti addotti da Crisafulli sono ambivalenti. Un assegno di 10.000 euro risulta intestato a tutt’altri soggetti; su 25.000 euro in contanti, che Crisafulli dice di aver dato il 2 giugno 2010 a Pecorella in studio, «non sono emersi prelievi di tale importo tracciabili sui conti»; c’è il 7 maggio un prelievo di 20.000 euro, che Crisafulli dice di aver «dato in contanti a Chiasso nel bar Investor su richiesta esplicita di Pecorella», ma questi afferma di poter dimostrare che quel giorno non era in Svizzera. Veri 3 assegni di Crisafulli a Pecorella per 30.000 euro, ma il legale spiega che erano la sua parcella per il processo di Crisafulli a Genova, «come da atti già consegnati al pm» dopo la perquisizione dei commercialisti; e che la parcella di Bianchi l’ha sempre pagata Bianchi. E la Smart? Quella sì, ma il legale dice che Crisafulli gliela offrì «come regalo».