Quelle settemila supercar che valgono (in Borsa) quasi un quinto di Volkswagen e Gm
L’icona. Il lusso. Il glamour. Il mito globale, e trasversale. Ci sono i ferraristi che possono al massimo permettersi un camper ma, cascasse il mondo, a ogni gara-chiave di F1 partono da tutta Europa per pellegrinaggi in direzione Maranello: per loro, anche una sola azione della «Rossa» era, è ,sarà un cimelio da tenere sottochiave. Non contano meno, nella creazione della leggenda, di chi sottochiave tiene direttamente scocche e motori. Collezionisti pronti a liste d’attesa e aste infinite che con Wall Street han poi fatto lo stesso. Si sono messi in coda. Confermando a colpi di assegni ricchi di zero il mantra di Sergio Marchionne: Ferrari non è solo auto, forse nemmeno solo lusso, e non ha senso misurarla come si misurano i normali costruttori . Qualcuno, tra chi vive di numeri e analisi, è scettico? Vallo a dire ai ferraristi. Che saranno pure esagerati. Ma considerano semplicemente logico, o un dettaglio di scarsa importanza, che con 7.255 macchine di produzione contingentata 2014 la «Rossa» capitalizzi 10 miliardi di dollari. Più del resto di Fca, che di auto ne fa 4,5 milioni. E addirittura un quinto di Gm o Volkswagen, che ne sfornano 10 milioni a testa. La redditività? I multipli? Tutto vero. Tutti più «realistici». Ciò non toglie che i primi a far follie per un brand unico al mondo sarebbero — potessero — proprio loro. I costruttori del pianeta Terra.