Acquisito e aperto dal Ransom Center dell’Università di Austin Ritagli, lettere e i romanzi riscritti L’archivio di Gabo, tesoro di tutti
Gabriel García Márquez al lavoro su «Cent’anni di solitudine», pubblicato nel 1967 (foto Guillermo Angulo)
Correzioni
Alcuni testi rivisti da Márquez. Sopra: che ha curato la catalogazione —. C’è anche materiale digitale come i file estratti dai dischi rigidi dei computer, che saranno classificati e resi disponibili in futuro». Scorrendo veloce l’indice delle missive catalogate, ci si sente soverchiati dalla storia e dalla letteratura. Rushdie, ma anche Günter Grass, Carlos Fuentes, Julio Cortázar. O leader mondiali come Bill Clinton, Fidel Castro, François Mitterrand, Indira Gandhi, Henry Kissinger. Testimonianze di impegno civile, anche. È il primo ottobre 1977 quando García Márquez scrive al presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter. «Con nessun altro titolo che quello di uno scrittore latinoamericano, vi imploro di considerare, dal profondo del vostro cuore cristiano, la situazione critica del patriota portoricano Andrés Figueroa Cordero, che sta scontando una pena di 23 anni di reclusione negli Usa, e che ora sta affrontando la morte, a causa di una malattia incurabile». Figueroa Cordero viene rilasciato poco dopo.
Parole nette, decise. Pagine ben diverse da quelle tortuose dei suoi manoscritti. «García Márquez creava meticolosamente le sue opere — racconta Megan Barnard, direttore associato per le acquisizioni e l’amministrazione dell’Harry Ransom Center —. Il materiale relativo a Memoria delle mie puttane tristi of f re un chiaro esempio di come rivedesse e riscrivesse bozza dopo bozza il suo lavoro. Per questa sola opera ci sono più di dieci differenti stesure a macchina, tutte con i suoi cambiamenti e le note a mano». Così pure è per En agosto nos vemos (uno dei due inediti che fanno parte dell’archivio, l’altro riguarda le prime bozze relative al secondo volume delle sue memorie): per quest’ultimo romanzo, di cui sono stati pubblicati solo pochi estratti — dice Lozano — «ci sono dieci versioni, inclusa una finale, spedita alla sua agente Carmen Balcells (scomparsa un mese fa, ndr), e alcuni frammenti». I quattro quaderni con le sue critiche a Cent’anni di solitudine, quelli che si racconta siano stati bruciati dopo la pubblicazione dell’opera, rimangono avvolti ancora in un’aura quasi mitologica. Esiste, nell’archivio, una copia del suo capolavoro con qualche piccola annotazione. Dell’Italia, poche tracce: «Principalmente ritagli e qualche lettera», sostiene Lozano. «Mi sono imbattuta in un paio di lettere di Monica Vitti e in un invito del Pci», aggiunge. Ma poi, l’elenco si allunga. Ancora politica — Enrico Berlinguer, Gianni De Michelis — e l’impegno del cinema, con Ettore Scola e Gillo Pontecorvo.
La corrispondenza con Rushdie e i contatti con Jimmy Carter: «Liberate Figueroa Cordero»