Il bilinguismo pittorico dell’isola tra due mondi
una specie di marchio da esportazione tanto che spesso i pittori, per aggiungere prestigio alle opere, firmavano accostando al nome la dicitura «da Candia».
Secondo Maria Constantoudaki-Kitromilides che ha compulsato gli archivi veneziani, questa scuola cretese «si distingueva per la perfezione tecnica, la precisione del disegno, l’accuratezza del modellato, i tratti geometrici e la disposizione ritmica dei panneggi, la nobiltà solenne espressa dai volti, la composizione ben organizzata ed equilibrata, e l’armonia cromatica». Lo stile statico, bidimensionale e prezioso elaborato a Costantinopoli all’epoca dei Paleologi (corrispondente all’ultima fase dell’arte bizantina) si mescolava dunque a Creta alle novità che arrivavano da Venezia. Ecco perché è difficile identificare e datare le prime opere di El Greco: non basta riscontrare l’influsso veneziano per stabilire che sono state realizzate in Italia, dopo la partenza da Creta, nei primi mesi del 1567, intorno ai 26 anni d’età.
El Greco praticava già il bilinguismo pittorico come dimostrano alcuni dipinti realizzati sicuramente a Creta quali L’adorazione dei Magi conservata al museo Benaki di Atene o la Dormitio Virginis nella chiesa della Dormizione, a Siros, entrambi ricchi di riferimenti a incisioni italiane e nordeuropee.
Di certo Domenikos Theotokòpoulos non si convertì di colpo, come san Paolo sulla via di Damasco, alla grande maniera italiana. Arrivato a Venezia, non fece che esercitare la conoscenza della lingua latina già parlata. La trasformazione, quella radicale, avverrà dopo il soggiorno italiano, quando la traversata del Mediterraneo per giungere in Spagna farà di lui l’originale creatore di figure allungate come fiamme che avvampano in una gamma di colori acidi.
Per spiegare quella sua maniera unica è stato detto di tutto: che fosse dovuta all’abuso di hashish, alla malattia mentale, allo strabismo, all’omosessualità. Ma la chiave sta nel multilinguismo culturale: nella firma in greco, Dominikos Theotokopoulos, mai abbandonata, che conviveva con l’appellativo El Greco, dove l’articolo spagnolo regge l’aggettivo italiano.