Il ballo tragico e amaro di un omosessuale
Sul fondo bambole gonfiabili appese come tristi trofei, e poi strass, piume, ventagli, tacchi a spillo, abiti da sera che ruotano e danzano in Operetta burlesca di Emma Dante. Non c’è felicità, c’è il grottesco che vela la tragicità, che l’alleggerisce in un ballo.
«Volta gira vola» canta Tosca, e Pietro, 40enne nato ai piedi del Vesuvio, balla e si spoglia, spoglia la sua anima per finalmente vedersi donna, ma di nascosto o lontano dai genitori che non lo capiscono — una distanza ben sottolineata dall’utilizzo di due dialetti, siciliano e napoletano — e mai potrebbero accettare il suo scoprirsi omosessuale.
Pietro scappa a Napoli appena gli è possibile, e lì «volta gira vola», abiti luccicanti e la libertà e il sogno di una vita condivisa, di un amore vero. E quando il sogno si frantuma in malo modo Pietro è annientato e non gli resta che invecchiare con i genitori e disperatamente «volta gira vola» sul palcoscenico amaro di una vita violentata e sconfitta. Nello spettacolo i temi cari a Emma Dante piroettano e si intrecciano: il Sud, la marginalità, la provincia, il conformismo, la diversità, il potere dell’ignoranza. La regista costruisce con sapienza uno spettacolo spumeggiante e amaro, grottesco e drammatico, leggero e tragico. Bravi tutti gli interpreti.