Corriere della Sera

Papà in congedo, il record della Sicilia

Tre dipendenti di aziende private su dieci a casa con i figli. Il triplo della media italiana

- Di Maria Silvia Sacchi

I siciliani sono in prima fila quando diventano padri: più di tre su dieci prendono il congedo di paternità, ben distanti della media italiana che vede (poco più) di un padre ogni dieci andare in congedo alla nascita di un figlio o di una figlia, secondo i numeri diffusi ieri dal broker assicurati­vo Assiteca. La Sicilia «doppia» il secondo classifica­to, il Lazio, mentre in terza posizione c’è la Sardegna.

Gli uomini siciliani sono in prima fila quando diventano padri: più di tre su dieci prendono il congedo di paternità, ben distanti della media italiana che vede (poco più) di un padre ogni dieci andare in congedo alla nascita di un figlio o di una figlia, secondo i numeri diffusi ieri dal broker assicurati­vo Assiteca. La Sicilia «doppia» il secondo classifica­to, il Lazio (in terza posizione c’è la Sardegna).

In generale, sono gli uomini del Sud e delle Isole — aree di fortissima disoccupaz­ione femminile — a dimostrars­i più disponibil­i ad assentarsi dal luogo di lavoro per stare vicino alla famiglia in un momento così importante come una nuova nascita. Esattament­e il contrario di quanto accade nelle regioni locomotiva d’Italia, la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, che vedono gli uomini più «resistenti» pur a dispetto di un tasso di occupazion­e maggiore. Va detto subito che prendere il congedo di paternità non significa essere pagati per stare a casa, ma invece rinunciare al 70 per cento dello stipendio, motivo per il quale i congedi non hanno sfondato: se l’uomo guadagna più della donna, com’è nella media italiana, conviene che a lasciare il lavoro nel momento in cui si diventa genitori sia la mamma e non il papà.

A spiegare i risultati non serve neanche il ragionamen­to che nelle regioni del Sud gran parte delle persone è dipendente pubblico — e quindi non corre il rischio di vedersi cambiare di mansione o di avere la carriera pregiudica­ta perché si è goduto di un diritto — perché l’analisi di Assiteca è stata realizzata soltanto sulle aziende private.

Com’è, allora, che il Nord non si ferma? Padri meno generosi? In assenza di ulteriori elementi (l’indagine non dice, per esempio, quanti giorni/ mesi di congedo siano realmente presi), si può andare per ragionamen­ti. Mediamente, dice per esempio Patrizia Ordasso, responsabi­le relazioni industrial­i di Intesa San Paolo, fresca di un accordo che integra lo stipendio proprio durante la paternità, «gli uomini che prendono i congedi sono quelli che guadagnano come o meno delle loro mogli/compagne o quelli con mogli/compagne che sono precarie ( e per le quali quindi non è opportuno assentarsi, ndr). Nel settore del credito, dove gli stipendi sono più elevati, ci sono pochissimi padri che ne fruiscono, anche se i dati del nostro gruppo degli ultimi tre anni dimostrano una costante crescita. E con l’accordo che abbiamo firmato cerchiamo di incrementa­rli ulteriorme­nte». Anche Valeria Fedeli, vice presidente del Senato, oltre che prima firmataria di una proposta di legge per introdurre il congedo di paternità obbligator­io di quindici giorni, sottolinea il tema della forte disoccupaz­ione femminile del Sud.

Un dato è comunque certo: oggi l’attenzione è sui padri. È al loro ruolo che Assiteca ha guardato per lanciare il suo premio «Welfare in Azienda: pratiche e modelli vincenti». Perché, come dice il presidente Luciano Lucca, nella crisi le imprese devono assicurars­i di salvaguard­are i loro bene più prezioso: il capitale umano.

Se si può anche avere famiglia, si lavora meglio. Le donne e gli uomini.

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