Corriere della Sera

Regioni in deficit Possibili aumenti di ticket o tasse

Ticket e addizional­i Irpef -Irap a rischio aumento per gli enti locali in disavanzo Chiamparin­o (Piemonte) lascia la guida della Conferenza dei governator­i

- Mario Sensini

La legge di Stabilità è arrivata ieri sera al Quirinale ed è attesa oggi per l’avvio dell’esame del Senato. I governator­i delle Regioni sono preoccupat­i per i tagli alla Sanità previsti nel 2017 e nel 2018. Tuttavia, anche sul 2016 i conti rischiano di non tornare. Il Fondo doveva salire da 110 a 113,1 miliardi, ma si fermerà a quota 111. Un miliardo in più sul 2016 e 2,1 in meno su quanto atteso. Già otto Regioni sono in piano di rientro, e nonostante il blocco deciso dal governo, dovranno aumentare addizional­i o ticket per far fronte al disavanzo. Novità per quel che riguarda la tassazione degli immobili di lusso: secondo l’ultima versione della manovra, continuera­nno a pagare l’Imu, anche se sono prima casa. Ma il conto sarà un po’ meno salato di prima.

Sergio Chiamparin­o vede il bicchiere della legge di Stabilità «più mezzo pieno che mezzo vuoto». Sulla Sanità «bisogna avere ancora delle risposte dal governo», ma per il 2016 c’è «un aumento del Fondo di un miliardo, a quota 111, non un taglio » , e soprattutt­o c’è uno sconto di 900 milioni, quasi la metà, sui tagli extra sanità da fare nel 2016 sottolinea il presidente della Conferenza delle Regioni.

Le sue dimissioni, presentate ieri e congelate, sono dovute ad altro, al problema esploso dopo la sentenza della Consulta sui bilanci, che ha fatto emergere un buco di 6 miliardi nel bilancio della regione, spiega Chiamparin­o. Ma anche questo non è un problema da trascurare nei rapporti col governo, visto che stanno per arrivare le sentenze di parificazi­one della Corte dei Conti sul bilancio del Lazio e delle altre regioni, che rischiano di esporre disavanzi altrettant­o pesanti.

La Stabilità doveva individuar­e una soluzione contabile per evitare l’emersione di un buco nei bilanci regionali che potrebbe arrivare a 20 miliardi, ma la sentenza della Corte dei Conti sul Piemonte è già arrivata, e ora, dicono i governator­i preoccupat­i, servirà un apposito decreto del governo per sistemare le cose (e che rischia anche di attirare le attenzioni della Ue).

Chiamparin­o intanto si è dimesso per fare pressioni sul governo. A battagliar­e sulla sanità ci pensano gli altri governator­i, che attendono di leggere il testo definitivo della legge, arrivato ieri sera al Quirinale ed atteso in Senato solo oggi. Preoccupan­o soprattutt­o i tagli previsti nel 2017 e nel 2018, ma anche sul 2016 i conti rischiano di non tornare. Il Fondo doveva salire da 110 a 113,1 miliardi, ma si fermerà a quota 111. Un miliardo in più sul 2016, ma anche 2,1 in meno su quanto atteso, con il quale però bisognerà finanziare un sacco di roba. «Gli 800 milioni per i Livelli essenziali di assistenza, i 500 milioni del piano vaccini, altri 500 per i farmaci contro l’epatite C, poi con quei soldi bisognerà pagare anche il nuovo contratto di lavoro. Altro che un miliardo in più, qui ce ne sono almeno 2 o 3 di maggiori costi » spiega Massimo Garavaglia, assessore lombardo e coordinato­re della Sanità per le Regioni.

Ancora peggiore è il quadro che si prospetta per gli anni successivi. La manovra mette a carico delle Regioni ordinarie un taglio di 3,9 miliardi nel 2016 e di 5,4 nel 2018, da fare con gli stessi meccanismi che hanno portato quest’anno all’ultima sforbiciat­a alla sanità da 2,3 miliardi. Sommati ai risparmi che dovranno fare le Regioni a statuto speciale, queste riduzioni di spesa prefiguran­o nei fatti il congelamen­to del Fondo sanitario nazionale a quota 111 miliardi per l’intero prossimo triennio. Già otto regioni sono in piano di rientro, e nonostante il blocco deciso dal governo, dovranno aumentare addizional­i o ticket per far fronte al disavanzo, che rischia di ampliarsi ad altre regioni. Il livello dela spesa, in ogni caso, viene giudicato dalle regioni «pericolosa­mente vicino» al 6,5% del pil che l’Organizzaz­ione mondiale della sanità considera una soglia critica, al di sotto della quale si rischia una riduzione delle speranze di vita.

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