Mattarella e l’urgenza di combattere l’immoralità
Prima certifica «gli incoraggianti dati di ripresa» e «i segnali di maggior fiducia» nel nostro Paese venuti dalle istituzioni finanziarie internazionali, suggerendo agli imprenditori di sfruttare il «buon vento alle loro spalle» per consolidare lo sviluppo. Subito dopo, però, lancia un avvertimento, a tutti: «La legalità e la lotta alla corruzione sono condizioni irrinunciabili per la nuova crescita italiana… i valori di onestà, trasparenza, lealtà e responsabilità sociale sono essenziali sempre, e ancora di più per fare impresa». È su un compiacimento condizionato, chiamiamolo così, che il presidente della Repubblica basa la sua diagnosi sullo stato dell’economia nazionale, a sette anni dall’inizio della Grande Crisi. Infatti, se da un lato riconosce che stiamo registrando su più fronti una positiva inversione di tendenza, dall’altro lato non sembra cauzionare nessuno su quella che considera la precondizione per una definitiva uscita dal tunnel. Ossia che l’Italia si corregga, profondamente e definitivamente, sul fronte della moralità pubblica. Altrimenti, senza un’unità fondata su questa consapevolezza (oltre che sul lavoro, «mastice del corpo sociale»), non ne verremo mai fuori. Si potrà considerarlo un monito inevitabile, visto che nelle stesse ore le cronache raccontavano nuove ondate di arresti per l’eterno vizio del malaffare, un’emergenza ormai cronicizzata di cui dobbiamo ringraziare chi, nonostante l’opera delle Procure, resta fedele alla «concezione rapinatoria della vita» emersa nella stagione di Tangentopoli. Ma ciò che importa è che il suo discorso di ieri davanti ai Cavalieri del lavoro conferma una cifra forte del suo settennato: la difesa della legalità. Sarà probabilmente questa la missione della sua presidenza, e al di là di disegni pianificati. Basta sfogliare l’archivio dei suoi interventi per sincerarsene: appena può parlarne, lo fa. Una missione, dunque. Come per il costituente Scalfaro lo fu la difesa della Carta costituzionale quando qualcuno pretendeva di diroccarla senza rispetto dei contrappesi democratici (per fortuna un referendum bocciò poi il tentativo), e per Ciampi l’ansia di riabilitare il senso di patria e risanare «l’io diviso» degli italiani. Una missione coerente con la sensibilità del Mattarella uomo, che si è sempre battuto contro la mafia essendone fra l’altro toccato con l’assassinio del fratello. E con quella del Mattarella giurista, la cui cultura è fondata su un’idea di «maturità del diritto». Vale a dire sulle potenzialità, ma anche — alla pari — sui limiti del diritto e del dovere in un Paese davvero civile.
L’obiettivo La difesa della legalità, invocata ancora ieri davanti ai Cavalieri del lavoro, sarà la «missione» del suo settennato