IL TENTATIVO CONTROVERSO DI RIAFFACCIARSI IN EUROPA
Èuna pacificazione ambigua, quella che Silvio Berlusconi ha siglato ieri col Partito popolare europeo a Madrid. Il rosario di colloqui avuti con la cancelliera tedesca Angela Merkel, col premier spagnolo Mariano Rajoy, col primo ministro ungherese Viktor Orbán sono stati comunque una piccola rivincita: era il suo rientro nel consesso continentale dopo un lungo ostracismo legato ai problemi processuali e alle tensioni con alcuni leader. E l’elezione alla vicepresidenza del Ppe di Antonio Tajani, che ha mediato fino all’ultimo per favorire il riavvicinamento, rappresenta un riconoscimento per Forza Italia in un momento non facile.
Berlusconi, però, ha rinunciato a parlare dal palco, dopo che era stato previsto un suo discorso. Ufficialmente, si è trattato di una decisione meditata e sofferta, presa perché aspetta «il riconoscimento pieno e completo della mia innocenza dalla Corte di Strasburgo», ha detto. Eppure, maliziosamente c’è chi sospetta che sulla scelta abbia influito anche il timore che qualcuno, nella platea dei Popolari, potesse contestarlo: una manovra della filiera filoleghista, che ha ipotizzato anche fischi del partito polacco contro l’ex Cavaliere. Ma l’aspetto più controverso, dal punto di vista politico, è una sorta di «doppia appartenenza» di Berlusconi.
Da una parte c’è l’alleanza ristabilita con la Merkel «con la quale ho chiarito» i vecchi contrasti, assicura; e alla quale ha espresso l’esigenza di aiutarlo contro il populismo di Beppe Grillo. Ma in parallelo conferma che parteciperà alla manifestazione della Lega di Matteo Salvini a Bologna, l’8 novembre. Insomma, mentre il governo di Berlino accentua una strategia di accoglienza degli immigrati, Berlusconi si prepara a salire sul palco di un partito xenofobo. Il risultato è che rischia di ritrovarsi tra due fuochi.
Lo critica il ministro dell’Interno e segretario del Ncd, Angelino Alfano, dicendo davanti al Ppe: «Sono stato il principale bersaglio della Lega sull’immigrazione». E lo incalza il Carroccio. Roberto Calderoli accusa Berlusconi di essere «andato a baciare la pantofola della Merkel e del Ppe che lo hanno costretto a dimettersi da Palazzo Chigi nel 2011». La mossa del fondatore di FI, però, rivela quale sia la sua «famiglia politica». Gli incontri con i vertici del Ppe, per quanto avvenuti in un clima non del tutto disteso, sottolineano il carattere tattico e forzato del patto siglato con Salvini.
Berlusconi sa che l’alleanza con i lumbard dilata la sensazione di una sua subalternità politica. Certifica il primato attuale della Lega e della sua agenda: al punto che l’ex Cavaliere ha dovuto piegarsi all’invito ad una kermesse leghista. Ed è mal vista da quella componente moderata del suo elettorato che preferisce guardare a Matteo Renzi o si rifugia nell’astensionismo; o approda in piccole dosi nel Ncd. D’altronde, non ha scelta. Le città strappate al centrosinistra a maggio sono frutto dell’asse obbligato Lega-FI.
L’equilibrio Il leader di Forza Italia tra due fuochi: bilancia l’alleanza con la Lega cercando di ricucire con il Partito popolare