«Dobbiamo parlare con Cosimo»
Caso Saguto, le intercettazioni della giudice sotto inchiesta per i beni sottratti alla mafia Il sottosegretario alla Giustizia Ferri contattato per cercare protezione al Csm
Saguto e Tommaso Virga, altro magistrato palermitano (già componente del Csm) inquisito a Caltanissetta come pure il figlio Walter, giovane avvocato che ha ricevuto rilevanti incarichi dalla Saguto. Lamentandosi però del «pizzo» corrisposto, ad esempio, con l’assunzione della nuora nel suo studio.
«Dobbiamo parlare con Cosimo» è la sintesi delle conversazioni intercettate dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo tra la Saguto e Virga. Quest’ultimo sostiene di aver riferito al sottosegretario «le preoccupazioni» sull’indagine, e si parla di un viaggio da fare a Roma. Dal tenore dei colloqui si capisce che Ferri è considerato il tramite per arrivare all’organo di autogoverno; del resto il sottosegretario non ha mai smesso di interessarsi al Csm, tanto che alla vigilia delle votazioni dello scorso anno per il rinnovo dei rappresentanti fece campagna elettorale per due candidati della sua corrente, puntualmente entrati a palazzo dei Marescialli. Uno di questi è Luca Forteleoni, citato nelle intercettazioni come quello con cui bisognava prendere contatto, componente della prima commissione che ora sta svolgendo accertamenti sul caso.
Ad informare la giudice Saguto sull’inchiesta nissena fu, secondo gli inquirenti, Dario Scaletta, pubblico ministero di Palermo, anch’esso appartenente a Magistratura indipendente, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. Ma nei confronti dei magistrati inquisiti (in tutto sono cinque, compresi due colleghi della Saguto alle Misure di prevenzione, ora trasferiti) il procuratore generale della Cassazione — componente dell’ufficio di presidenza del Csm dove ieri sono arrivate le trascrizioni delle intercettazioni — è pronto ad avviare l’azione disciplinare; con possibile sospensione dal servizio come provvedimento cautelare. L’azione disciplinare potrebbe essere aperta anche per il presidente della Sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma, Guglielmo Muntoni, che non risulta indagato ma in diversi colloqui discuteva con la Saguto di affidamento di incarichi — nella capitale — a professionisti palermitani i quali, a loro volta, si sarebbero avvalsi della collaborazione del marito della giudice.
Muntoni ha già inviato al Csm una sorta di autodifesa per rivendicare la piena correttezza del suo comportamento. E commenta amareggiato: «Mi sembra un gioco al massacro».