L’inchiesta
Anche il nome del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri — magistrato entrato nel governo Letta in «quota Berlusconi», rimasto al suo posto in veste di «tecnico» quando Forza Italia passò all’opposizione e confermato nel governo Renzi — compare nelle intercettazioni del nuovo «caso Palermo», l’indagine sul tribunale per le misure di prevenzione. Su uno degli avamposti del contrasto alla mafia, quello che cura la gestione dei beni milionari sequestrati ai boss, grava il forte sospetto di un sistema corruttivo messo in piedi dalla ex presidente Silvana Saguto, attraverso favori ricevuti dai figli e incarichi ben retribuiti al marito in cambio di assegnazioni dell’amministrazione dei beni confiscati ad alcuni avvocati.
La stessa Saguto, avuta notizia di una possibile inchiesta a suo carico, si mise in moto per tentare di saperne di più. E dopo aver «mobilitato alcune persone di sua conoscenza al fine di acquisire notizie riservate presso gli uffici giudiziari di Palermo e Caltanissetta», come hanno riferito gli inquirenti nisseni al Consiglio superiore della magistratura, avrebbe cercato protezione nello stesso Csm. Proprio attraverso Ferri, rimasto il leader ombra della corrente più a destra dello schieramento togato, Magistratura indipendente. Del medesimo gruppo fanno parte la