L’architetto ha firmato la nuova sede industriale del gruppo Prada Il paesaggio dialoga con l’impresa La sintesi creativa di Guido Canali
La contraddizione è probabilmente un tema fondamentale dei nostri anni in ogni pratica artistica. Che essa sia denunciata o nascosta, esibita nei suoi caratteri naturali o riversata nel caos come uno dei suoi principali componenti, essa è sostanza ineliminabile con cui anche la pratica artistica dell’architettura deve oggi confrontarsi.
Come la sua apparente mancanza nei progetti di costruzione dei grandi monumenti del passato, la contraddizione ha oggi in architettura tratti evidenti non cancellabili. Ed è una contraddizione fatta di elementi sempre in mutazione proprio perché non evidenti, di possibili capovolgimenti e di insinuazioni che ne sottolineano la mobilità e la diffusione.
La radicale differenza è che la provvisorietà della contraddizione è costituita da materiali oggi utilizzati nei progetti come nuovi mezzi espressivi. È proprio ciò con cui anche il grande talento di Guido Canali (1935) si è sempre misurato: tentando di aggirare o meglio di nobilitare questa contraddizione per mezzo del suo raffinato disegno, per trasformarla in elementi dialettici specifici del fare architettura, rovesciandone il senso in elementi opposti che la trasformano, con calma e saggezza, in materiali quasi naturali che divengono così, miracolosamente, elementi poetici strutturali dei suoi progetti.
Per far questo forse Canali ha anche cercato di utilizzare la sua lunga esperienza nel campo dei musei d’arte, nei quali la strategia di collocazione dialogante delle opere affronta la stessa struttura del discorso dello spazio architettonico. Cercando di utilizzare la contraddizione per fare del suo carattere provvisorio il filo sottile ma ineliminabile della relazione tra le cose.
La nuova sede del gruppo Prada a Valvigna, in provincia di Arezzo (foto Davide Croppi)
Anche quest’ultimo lavoro, da poco terminato, per la nuova sede industriale del gruppo Prada a Valvigna (in provincia di Arezzo) al margine nord della Val d’Arno, è caratterizzato da un raffinato progetto di riqualificazione capace di far discutere fra loro le contraddizioni specifiche tra gli obiettivi industriali e quelli dell’invenzione artigiana (l’area era in precedenza occupata da una fabbrica di cemento). E dunque: tra efficienza del prodotto e l’ottimizzazione della luce naturale; tra gli orientamenti d’un paesaggio circostante poco caratterizzabile e la scala dell’unità dell’edificio; tra un’attenzione per la natura delle
colline retrostanti e il confronto con esse operato dai percorsi usati come sistema nervoso dell’insieme. Come anche nella stessa definizione dell’organismo, distribuito su due ordini planimetrici diversi e insieme assolutamente unitario.
Tutto è agito stavolta non solo per mezzo della cura poetica del dettaglio, ma con il mantenimento e la messa in evidenza di quelle inevitabili contraddizioni come materiali positivi ed essenziali del progetto. Sembra così che l’insieme voglia proporsi di percorrere la lunga strada di confine tra costruito industriale e spazio aperto con il tentativo di sublimare (per mezzo
della coerente sottigliezza del dettaglio) la forte scala impositiva della struttura. Elemento essenziale della cucitura dell’insieme sono certamente i percorsi, che si propongono non solo con la specificità del loro disegno, ma con l’ambizione di un vero e proprio filo di collegamento capace di connettere gli elementi del progetto, esponendo proprio la contraddizione con il naturale principio dell’insediamento.
Che questo carattere della contraddizione domini alcune tra le migliori architetture dei nostri anni è significativo, specialmente per quelle europee che vogliono raccontare come le nostre culture siano, dopo secoli di sovrapposizioni, di cambiamenti nei confronti dell’idea di contesto ma anche di ricerca di regole e di certezze, tese a misurare e talvolta a risolvere proprio le difficoltà poste dalle profonde contraddizioni dell’oggi.
Così anche in questo caso l’unica soluzione è la precisione architettonica e poetica che, ad esempio, i progetti di Guido Canali cercano sempre di rivelare senza menzogna, utilizzando come materiale del progetto la contraddizione stessa.