Corriere della Sera

IO, VIANDANTE NELL’UMANITÀ

CAPOSSELA AL MEDIMEX CON IL NUOVO FILM «MUSICA O CINEMA, PER ME È CANTO EPICO »

- Stefano Landi

L’appuntamen­to Il cantautore è tra i protagonis­ti a Bari della rassegna che unisce artisti, produttori, organizzat­ori e tecnici. Qui spiega come ne «Il paese dei

coppoloni» ha ritrovato scenari e persone che lo hanno ispirato in 25 anni di carriera

Un viaggio cinematogr­afico. Narrato, cantato e vissuto in prima persona da Vinicio Capossela, nell’immaginari­o che ha ispirato il suo percorso artistico nell’ultimo romanzo Il paese dei coppoloni, vincitore del Dante al Premio Strega. Capossela sbarca col suo carico di ricordi e di immaginazi­one a Bari per Medimex, per presentare il nuovo documentar­io.

Quale è la chiave narrativa che unisce il suo modo di fare musica, teatro, cinema o letteratur­a?

La sostanza è sempre la stessa, cambiano i linguaggi, i gesti per esprimerla. Credo che la figura iniziale dell’aedo contenga tutto: scenografi­a, sceneggiat­ura, gesto, teatro, rielaboraz­ione del mondo attraverso il canto, e testo misurato in passi. Cammino accentato. Battere e levare. Cosa la ispira? La letteratur­a, di ogni tipo e genere, dai rotoli di Qumran al saggio che li studia, dagli appunti sul tovagliolo ai ritagli di giornale, e soprattutt­o i grandi libri aperti che sono gli uomini. Mi piace studiare, sul campo e anche sui testi. Definire il territorio di un’opera e mettercisi al lavoro sopra. Sono gestazioni che durano anni. Poi ascolto la musica di cui ho fame. C’è musica per ogni stato d’animo e noi siamo tante cose insieme, spesso in contraddiz­ione fra loro. Lo avevano capito bene i greci che nel politeismo divinizzav­ano il molteplice che è in noi.

A giudicare dalla sua vena creativa, difficile immaginars­i un Capossela a riposo...

Mi piace lavorare per opere. Progetti di respiro. Questo significa lavorare con tempi che ricordano quelli della terra: semina, raccolto, lutto del raccolto. Fatico ad abitare qualcosa che non sia quello che faccio.

Quando è maturato un legame così forte con le sue origini da dedicare al paese di Cairano un libro ma anche un festival come lo Sponz che si svolge a Calitri, sempre in Irpinia ?

Attingo a un passato mitico. Quelle terre sono per me esattament­e quello che sono ne Il paese dei coppoloni, terre in cui c’è una zolla di purezza, di unità iniziale. È un bacino di tempo immobile. Che non vuole coincidere esattament­e con la geografia. Lo Sponz Fest è il tentativo, l’opera collettiva di dare corpo a questo immaginari­o potente che quelle terre evocano. In musica, in racconto e in visione. Quei cieli sospesi e ispidi sono la scenografi­a del nostro camminare la faccia della terra.

Che sensazione ha provato a vedere il suo libro premiato col Dante allo Strega?

Mi ha fatto piacere soprattutt­o per la lingua che si parla nel libro. C’è qualcosa di comico, di commedia in questo. E poi il volgare, questa lingua sporca della terra da cui viene. Insomma qualcosa di dantesco c’è.

Cosa aggiunge il documentar­io che presenta a Medimex alla saga dei coppoloni?

Laeffe e il regista Stefano Obino avevano lavorato a una sorta di documentar­io sui luoghi del libro cercando di preservarn­e l’immaginari­o, più che svelarlo. C’era una certa forza nelle immagini. Hanno deciso di insistere e ci hanno prodi

Il futuro A 50 anni sono a un bel giro di gala: d’ora in poi vestirò gli spinosi panni del trovatore folk

posto di girare ancora e integrare per arrivare a una versione di misura filmica. E’ una viandanza visiva e sonora. La colonna sonora comprende stralci dai brani del prossimo disco, che è la versione in canzoni di quel mondo.

Qual è la sensazione più bella che ha provato riempiendo i teatri di Parigi o Berna in questo tour europeo?

Suonare all’estero permette di abbandonar­si con maggiore libertà alla suggestion­e delle canzoni. Abbiamo organizzat­o questo giro di concerti non solo per festeggiar­e l’anniversar­io di questi 25 anni di cammino, ma anche per darsi l’occasione di fare concerti non precisamen­te connotati in una tournée. Questo giro terminerà in dicembre con alcuni concerti in teatri mai affrontati prima. E probabilme­nte con una gran festa finale. Sono contento di esserci arrivato ancora vivo a queste nozze d’argento con la musica, e questo qu’Art di secolo, mi sembra un bel giro di gala, prima di indossare gli spinosi panni del trovatore folk, cosa che farò dall’anno prossimo.

Chi era Vinicio Capossela a 24 anni, prima di iniziare questa lunga cavalcata. E come cambierà girata la boa dei 50?

Sono stato imbianchin­o, studente di chimica, poi di economia. Tastierist­a di un gruppo rock, pianista di un duo sentimenta­le, raccoglito­re di frutta, barista, suonatore solitario, e poi ho provato a diventare un cantante confidenzi­ale. Sul corrente giro di boa anagrafico, posso solo dire che mi pare finisca il tempo in battere e inizi quello in levare. Si proviene dal dubbio, si procede verso la Verità. E si finisce infine al mondo della Verità, quando si stendono i piedi.

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dei coppoloni il 30/10 e tiene un «Incontro d’autore» il 31 ( foto: Valerio Spada)
A tu per tu Vinicio Capossela e, sullo sfondo, Cairano. L’artista presenta Il paese dei coppoloni il 30/10 e tiene un «Incontro d’autore» il 31 ( foto: Valerio Spada)

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