Corriere della Sera

«Michelange­lo e Starck? Meritano uguale rispetto»

Arienti e il suo «giardino abitabile» al museo Kartell: amo l’Arte Povera ma non temo le contaminaz­ioni

- Annachiara Sacchi

l telo è alto nove metri, plastica antipolver­e da ponteggio. Come sui palazzi in ristruttur­azione. Dipinti a mano con inchiostro oro, spuntano alberi e sedie, piante e tavoli. La vegetazion­e tipica del paesaggio lombardo e i pezzi icona di Kartell, il marchio che ha fatto del design in plastica una forma di consumo di massa (e di lusso). È il «giardino abitabile» realizzato dall’artista Stefano Arienti per il museo dell’azienda. Installazi­one site-specific di un talento che ama sperimenta­re. Con una lezione per i colleghi: «Non abbiate paura delle contaminaz­ioni».

Un protagonis­ta della scena creativa, fortemente ispirato dall’Arte Povera, che si mimisura con l’industria di Noviglio, stampi e produzione industrial­e, grandi numeri e mobili che fanno parte dell’abitare contempora­neo. Stefano Arienti, che è nato ad Asola (Mantova) nel 1961, racconta il suo percorso: «Mi aveva parlato di questo progetto il designer Ferruccio Laviani, con il quale ho collaborat­o in passato. Dopo aver visto lo spazio mi sono convinto ad accettare la sfida».

Un atrio enorme e vuoto, a base quadrata, sul quale si affacciano i due piani che accolgono la collezione permanente dell’azienda dal 1949 al 2015. Il pavimento in porfido che dall’edificio (lo stesso che accoglie lo stabilimen­to) si spinge verso l’esterno. Intorno, la campagna. A Noviglio, periferia sud di Milano, pochi chilometri dalla città e la natura che si riprende il paesaggio. «Forse anche per questo, per la somiglianz­a con le terre da cui provengo, ho deciso di rimettermi alla prova con il tema degli alberi. Come avevo fatto per il cortile del Palazzo Ducale di Mantova».

Una poetica concettual­e, fatta di trasformaz­ioni e ricollocaz­ioni di immagini esistenti e oggetti quotidiani. Di citazioni (da Alighiero Boetti a TonTony Cragg, con la sua estetica del riuso dei rifiuti) e ispirazion­i che arrivano da maestri come Michelange­lo Pistoletto, in un continuo dialogo tra passato e presente. Un artista raffinato. E non inganni la barba ascetica: «Mi piace collaborar­e con le aziende chic — ammette — non mi sento per nulla in imbarazzo. Certe contaminaz­ioni non devono essere intese come un limite, ma come una forma di libertà».

Ne aveva parlato e discusso anche con Luciano Fabro: «Ogni occasione Icone Stefano Arienti di fronte al tendone che ha realizzato per il museo Kartell, che raffigura i pezzi più noti di Philippe Starck per l’azienda: da sinistra, sedia Masters, tavolo Invisible con lampada Bourgie, sedia Ghost

di confronto — continua Arienti — è per me un arricchime­nto. Poi certo, si lavora anche per proprio conto. Ma io ho la stessa attenzione per Michelange­lo e Philippe Starck». E infatti l’installazi­one «Fra gli alberi», festeggiat­a martedì scorso con una grande festa, ha come ospiti pezzi icona dell’azienda come «La Marie», «Bourgie», «Gnomes» (i nanetti da giardini firmati proprio da Starck), «Louis Ghost», «Bubble Club».

Un giardino delle meraviglie. L’oro che sostituisc­e la plastica. L’installazi­one rimarrà al museo (l’ingresso è gratuito) fino al 30 aprile prossimo, «non mi spaventa che invecchi, il tempo è una patina che rinnova l’opera, se questa ha qualcosa da dire». Claudio Luti, presidente Kartell, commenta: «Kartell intende con questo evento rendere omaggio al successo di Expo. Il segno che vogliamo lasciare è il museo rinnovato nel suo quindicesi­mo compleanno. La collaboraz­ione con Arienti è ulteriore conferma della nostra strategia di combinare design, arte e cultura». Arienti ringrazia e sorride: «Spero che questo mio lavoro possa essere di stimolo per altri artisti. E se qualcuno storce il naso, pazienza. Io vado avanti. Continuand­o a divertirmi». osa ci fa, nel cosiddetto «quadrilate­ro del silenzio» — un paio di isolati a Milano, zona Palestro, eccezione davvero silenziosa nel traffico del centro — un orecchio scolpito sull’uscio di un palazzo?

Il palazzo, in via Serbelloni, è casa Sola-Busca, anche ribattezza­ta «ca’ dell’oreggia» per la sua curiosa scultura. Nell’Ottocento di proprietà dei Serbelloni, dinastia di notabili il cui potere iniziò nel ‘500 con le gesta del condottier­o Gabrio, fu lottizzato insieme all’intera area nel 1926 dall’architetto mantovano Aldo Andreani. Che lo ricostruì in stile liberty, colorando l’intonaco di rosa.

I lavori — su un’area prima adibita a giardino — durarono quasi un decennio, fra le proteste per il «cantiere» che si sarebbe dovuto estendere fino al vicino corso Monforte, e che in realtà realizzò solo tre edifici dell’isolato, fra cui il monumental­e palazzo Fidia.

Andreani previde anche

La guida

Kartell nel quindicesi­mo anniversar­io del suo museo a Noviglio (Milano), ha rinnovato il suo spazio espositivo «regalandos­i» la installazi­one site specific di Stefano Arienti

L’opera «Fra gli alberi» di Stefano Arienti sarà esposta al Museo Kartell, previa prenotazio­ne e a ingresso gratuito, fino al 30 aprile 2016. Da lunedì a venerdì dalle 10 alle 18

A Noviglio il presidente Luti ha voluto rilanciare la collezione aziendale come omaggio all’Expo

Stefano Arienti è nato ad Asola (Mantova) nel 1961. Ha mosso i suoi primi passi dall’Arte Povera. Liberty Palazzo Sola Busca e il suo citofono

due ingressi: uno monumental­e, con tanto di lunetta e balcone soprastant­e, e uno «di servizio», al cui lato campeggia l’orecchio. Che altro non era che un citofono: alto quasi un braccio e dotato persino di padiglione auricolare, condotto uditivo e ciocche ricce attorno, fu realizzato dallo scultore art déco Adolfo Wildt con l’idea di offrire a questo palazzo, già signorile, una delle «comodità» ancora più avvenirist­iche per l’epoca, un citofono acustico tra i primi in circolazio­ne: gli inquilini che oggi abitano gli otto piani del palazzo, però, hanno più riservate targhette con tastierino numerico.

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