Poste, 300 mila in fila per le azioni Lo Stato incassa 3,4 miliardi
I cinesi di Safe prenotano una quota. Prezzo fissato a 6,75 euro. In Borsa martedì
A Pechino hanno replicato lo schema adoperato per Eni ed Enel. Il fondo iper-liquido Safe (State Administration of Foreign Exchange) — braccio operativo della banca del Popolo — ha sottoscritto titoli di Poste Italiane in un’ottica di diversificazione del portafoglio in un periodo in cui non sono previste aste importanti di titoli di Stato italiani. Strategia adottata anche dai colossi Usa del risparmio gestito BlackRock e Fidelity, anche loro azionisti (ormai) della società guidata da Francesco Caio. Nel capitale della privatizzata Poste anche il fondo pensione canadese (Ontario), l’hedge fund di Soros, il fondo sovrano del Kuwait e una cassa previdenziale come quella forense.
«È stato un grande successo, che conferma la fiducia dei mercati nell’impresa», dice convinto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Il suo è un osservatorio particolare, perché il Tesoro resta azionista di controllo (con la dismissione del 38,7% delle quote in caso di esercizio integrale della greenshoe il ricavato sfiora i 3,4 miliardi) però è chiaro che con questa operazione il governo ha messo alla prova la propria credibilità. All’avvio delle contrattazioni — martedì — Poste partirà dal prezzo di collocamento di 6,75 euro per azione. Un valore definito «congruo» da diversi analisti di banche d’affari (d’altronde il consorzio di collocamento era nutrito: nove istituti, tra cui Bank of America Merrill Lynch). La sensazione è che il titolo non dovrebbe registrare particolari scossoni all’avvio di seduta, vista anche la domanda di investitori tre volte l’offerta di titoli (453 milioni) collocati sul mercato. Anzi il rapporto di tre a uno viene definito dagli addetti ai lavori una sorta «regola aurea» delle Ipo. «Il prezzo lo fa il mercato e noi siamo molto contenti», dice l’amministratore delegato Caio. Che in queste ultime settimane si è speso molto per convincere i grossi fondi esteri a scommettere su un’azienda che è nata originariamente per portare la corrispondenza nelle case degli italiani e ora è diventata (anche) banca ed assicurazione. È evidente che è ancora più chiamato a ristrutturare un gruppo che è il primo datore di lavoro del Paese con i suoi 143 mila dipendenti. In tal proposito — segnalano diverse fonti — ha colpito in positivo che oltre 26mila addetti (su un totale di 303mila piccoli risparmiatori) abbiano sottoscritto i titoli di Poste per un lotto minimo di 500 azioni. In pochi credevano potessero essere così tanti, numero che ha permesso di avvicinarsi all’obiettivo del 30% della parte retail segnalato nel prospetto.
Sarà forse per questa manifestazione di interesse che ieri il premier, Matteo Renzi, si è sentito in dovere di complimentarsi con il ministro Padoan, la presidente Todini e l’ad Caio per questa «straordinaria operazione». Ora i riflettori sono puntati su martedì e sui conti del 2015. Sono attesi profitti per circa 530 milioni. L’80% dei quali verrà ripartito tra i soci. Una politica di remunerazione generosa. Che dovrà reggere all’opera (necessaria) di efficientamento del servizio di corrispondenza.