Fisco, la rivolta dei dirigenti
Colloquio Orlandi-Padoan. La numero uno delle Entrate sotto assedio: resisto
Fisco, rivolta dei dirigenti: 400 che si ritengono «degradati» fanno causa alla presidenza del Consiglio. Incontro tra Padoan e il direttore delle Entrate Orlandi, che resiste. Mattarella firma la manovra.
C’è un altro fronte che si apre per l’Agenzia delle Entrate. E questa volta si tratta di un fronte interno, di «fuoco amico». Riguarda ancora la vicenda degli oltre 800 dirigenti «degradati» al rango di semplici funzionari, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha giudicato illegittime le loro promozioni, perché arrivate con procedure interne e non per concorso. Ma con una novità importante.
La metà di loro, circa 400, è venuta allo scoperto opponendosi a quella decisione. E lo ha fatto citando in giudizio davanti al tribunale civile di Roma la presidenza del Consiglio dei ministri e lo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi. Chiedono due cose i ricorrenti. Il riconoscimento dello status di dirigente a tempo indeterminato. Oppure il risarcimento dei danni subiti dopo la loro «retrocessione». Danni da calcolare sia in termini di stipendio, visto che in media sono passati da una busta paga di 4 mila euro netti al mese a una di circa 1.700. Sia in termini di perdita di opportunità di carriera. La somma non viene indicata, sarà eventualmente quantificata in sede di giudizio. Ma le stime parlano di una cifra, naturalmente in caso di vittoria del ricorso, intorno ai 60 milioni di euro, aggiungendo altre voci alle 20 mensilità che di solito vengono riconosciute in casi del genere.
I vertici dell’Agenzia vengono chiamati in causa perché lo stesso giorno della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, il direttore Rossella Orlandi firmò le lettere di revoca per tutti i dirigenti coinvolti, formalizzando così la loro retrocessione. La presidenza del Consiglio, nella persona del premier Matteo Renzi, viene citata in giudizio per un altro motivo. E cioè per non aver dato attuazione in Italia alla normativa europea che vieta per i contratti temporanei una durata superiore ai tre anni. Il punto è proprio questo. Gli 800 dirigenti retrocessi avevano tutti un incarico a termine. Che però, in quasi tutti i casi, è stato rinnovato o prorogato, arrivando anche a periodi di oltre dieci anni consecutivi. Non è un caso che oltre la metà dei ricorrenti si sia rivolta allo studio legale Mascolo, lo stesso che ha seguito la vicenda dei precari della scuola. E che ha ottenuto dalla Corte di giustizia europea la sentenza «Mascolo», quella che ha riconosciuto il diritto all’assunzione per gli insegnanti precari con almeno tre anni di servizio. Una strada che poi ha portato alle assunzioni dei precari, con la riforma della scuola del governo Renzi.
Non è detto che vada allo stesso modo con l’Agenzia delle Entrate. Ma potrebbe. E la via giudiziaria è anche uno strumento di pressione «politica». Nelle ultime settimane sono stati diversi gli emendamenti presentati in Parlamento per chiedere la stabilizzazione dei dirigenti retrocessi, o almeno la creazione di nuove posizioni per dirigenti a termine. Una linea finora sempre bocciata dal governo. Ma da oggi al Senato si lavora sul disegno di legge di Stabilità. E, c’è da scommetterci, ci saranno nuovi tentativi.