Beppe Grillo e gli eredi Ma il candidato ancora non c’è
Cambiamenti La trasmissione della leadership è resa più complessa dalla coincidenza con l’istituzionalizzazione di una forza politica che si è imposta come antisistema
La difficoltà di trovare un leader da presentare come candidato alla presidenza del Consiglio. È questo il problema del Movimento 5 Stelle, i cui esponenti dichiarano di continuo d’essere pronti a governare e di non vedere l’ora di farlo. Ma appena qualcuno sembra proporsi nei fatti come candidato premier, eccolo costretto a smentire qualunque aspirazione. L’affanno della trasmissione dell’autorità carismatica da parte del leader politico non è ovviamente un problema solo dei pentastellati.
Dopo il raduno di Imola appare sempre più evidente quale sia il tallone d’Achille del Movimento 5 Stelle: la difficoltà a trovare un leader da presentare come futuro candidato alla presidenza del Consiglio. Gli esponenti del movimento dichiarano di continuo d’essere pronti a governare e di non vedere l’ora di farlo; ma appena qualcuno — perché sa parlare discretamente, perché i sondaggi gli attribuiscono un gradimento paragonabile a quello di Grillo — sembra proporsi nei fatti come candidato premier, il poveretto (ovviamente stiamo pensando soprattutto a Luigi Di Maio) è costretto a smentire qualunque aspirazione del genere. Anche per salvarsi da qualche caustica battuta di Grillo, tipo questa di pochi giorni fa: «quando l’abbiamo raccolto, Di Maio parlava che sembrava Bassolino». Come dire, senza di noi, senza di me, non siete nulla.
Quello della trasmissione ai seguaci dell’autorità carismatica da parte del leader politico non è ovviamente un problema solo dei pentastellati. Forza Italia si è andata progressivamente disgregando anche per la difficoltà a trovare qualcuno che potesse essere l’erede di Berlusconi. Il fatto è che le qualità del leader non si trasmettono: o si possiedono oppure no. Berlusconi, Renzi, Grillo, Salvini — pur nella diversità delle posizioni politiche — sono tutti leader che hanno saputo affermarsi dal nulla o quasi, che non hanno ereditato la leadership da nessuno ma se la sono conquistata lottando contro i loro avversari nel partito oppure fondando addirittura un proprio movimento.
Che nel M5S qualcuno possa conquistare la posizione di candidato premier in modo analogo a quel che è avvenuto nel Pd appare molto difficile. Non solo perché la rete non funziona come le primarie. Ma anche per l’evidente difficoltà di sostituire davvero Grillo, che da parte sua dichiara continuamente di voler fare un passo indietro, togliere il nome dal simbolo del M5S, per tornare così al suo lavoro di uomo di spettacolo. Ma intanto sta sempre lì, in una posizione che fa ombra a qualunque possibile leader emergente.
Nel caso del Movimento 5 Stelle la sostituzione del leader carismatico, già assai complessa e di esito incerto, presenta una ulteriore difficoltà. Il nuovo leader, chiunque esso sia, proponendosi come futuro candidato alla presidenza del Consiglio, dovrebbe riuscire a fare quello che il fondatore stesso del movimento non ha mai fatto. Grillo ha potuto evitare di candidarsi a qualunque carica politica non tanto per la legge Severino, quanto per le rigidissime norme sull’incandidabilità adottate dal suo movimento (così rigide che verrebbe quasi da pensare fatte per escluderlo). Probabilmente ha percepito che lo straordinario successo come leader di un movimento «contro» rischiava di incrinarsi se gli fosse toccato di sedere sugli scranni della Camera o del Senato.
In sostanza, nel caso del suo movimento, la questione della trasmissione della leadership è resa più complessa dal fatto di coincidere con il processo di istituzionalizzazione di una forza politica che finora ha mietuto larghi successi proprio per il carattere di forza antisistema. Indubbiamente in questi anni i parlamentari pentastellati hanno acquisito, nel lavoro in Aula o in commissione, quell’esperienza che a quasi tutti loro mancava completamente. Ma ciò potrebbe non essere sufficiente ad accreditare il possesso delle qualità richieste dall’attività di governo. Dove non si può fermare tutto nell’attesa che magari arrivi il responso della rete.
Conquistare la posizione di «numero uno» appare molto difficile