Sfida di Marino «Ripensarci? Non vi deluderò»
Ai sostenitori in Campidoglio: mi date la forza per andare avanti. E cita Che Guevara
Duemila supporter hanno affollato ieri mattina piazza del Campidoglio, a Ro m a (tremila per gli organizzatori, la metà secondo il Pd), per la manifestazione a sostegno di Ignazio Marino, che sta consumando i 20 giorni prima che le sue dimissioni da sindaco di Roma diventino esecutive. Marino è comparso a manifestazione iniziata, e ha ammesso, forse per la prima volta, «di aver commesso degli errori». E poi: «Me ne assumo la responsabilità: ma chi ha il dono dell’infallibilità?».
Il «comandante» Ignazio è in maglioncino blu, maniche di camicia che spuntano. Dosa le parole una ad una e chiude puntando al cuore rosso della «sua» gente, citando Ernesto «Che» Guevara: «C’è una frase che amo, di una persona molto più importante di me: noi siamo realisti e vogliamo l’impossibile». Che Guevara diceva «esigiamo l’impossibile», ma fa lo stesso.
Del resto, quella andata in onda ieri mattina su piazza del Campidoglio, davanti a circa duemila «aficionados» (tremila per gli organizzatori, la metà secondo il Pd), è davvero la «resistenza» di Marino (non a caso si canta «Bella ciao») che sta utilizzando i 20 giorni prima che le sue dimissioni diventino irrevocabili per «stanare» il partito che l’ha candidato e poi mollato. Marino compare verso l’una, parla dalla stessa scalinata «dove nel 2008 festeggiavano facendo il saluto romano» (era la vittoria di Alemanno). L’altoparlante non è il massimo, le frasi sono nette, ma non decisive: «Questa piazza straordinaria mi dà il coraggio e la determinazione per andare avanti». Dice «di aver strappato il cancro di Parentopoli», parla di decisioni «prese non più nei salotti», di non aver scelto «gli amici degli amici».
Ammette, forse per la prima volta, «di aver commesso degli errori, e me ne assumo la responsabilità: ma chi ha il dono dell’infallibilità?», riconosce che è stata la magistratura «a fermare la mafia infiltratasi con chi mi aveva preceduto», cita il «processo che si apre il 5 novembre: la città sarà parte civile», dice che «ci siamo fatti tanti nemici» e da sotto gli gridano: «Siamo noi i tuoi amici». Marino sorride: «Mi chiedete di ripensarci: ci penso e non vi deluderò». È il verbo che ripete più volte. Vede le bandiere del Pd (sono quelli della minoranza dem, mescolati alle associazioni del «Roma Pride» e al gruppo Facebook «Io sto col sindaco Marino») e li ringrazia. Lancia ancora un appello: «La democrazia si esercita nelle piazze, con un confronto aperto con la maggioranza». È il passaggio più politico: Marino vuole un segnale da Renzi, andare in aula a spiegare le sue ragioni. Altrimenti, ritirerà le sue dimissioni. Ne sono convinti persino la sorella Marina, l’amico del cuore Guido Filippi, medico del Gemelli. Quella frase, però, lui non la pronuncia. Anzi, in attesa che Renzi torni dal Cile, il «comandante Ignazio» lascia ancora aperto uno spiraglio. Forse l’ultimo.