«Riesco a fare di più e in un blog racconto storie come la mia»
Laura Ribotta, 36 anni, ingegnere ambientale del Comune di Torino, dal 2013 lavora da casa 4 giorni la settimana. «Mi occupo di bonifiche dei suoli. Con tre figli avevo esigenze di flessibilità tanto che pensavo di cambiare ente. Ma il mio responsabile mi ha detto: perché non proviamo a chiedere il telelavoro? Ci sono voluti sei mesi ma alla fine siamo partiti. Da allora un giorno alla settimana rientro in ufficio: è bene anche per recuperare i contatti con i colleghi. A parte la reperibilità obbligatoria dalle 10 alle 12, mi organizzo io a seconda delle esigenze. Di solito lavoro dalle 8 alle 16 che poi è l’orario di ufficio, ma ci guadagno due ore di spostamenti». Ribotta è ormai un testimonial dello smart working con il blog «telelavoratricefelice.wordpress. «Racconto le esperienze mie e dei colleghi. Siamo in 42, e ci sono anche diversi uomini. Ci teniamo a far sapere che funziona, perché temiamo che qualcuno un giorno dica che non serve a nulla». Problemi con i colleghi? «Essendo mosche bianche, effettivamente tutti noi abbiamo trovato invidie da parte dei colleghi. Battute, spesso. O piccoli dispetti». Rinunce? «Anche se è scritto che non dovranno essere svantaggiati, nella pratica lo smart working è una scelta contraria alla carriera. Ma non sono pentita: ciò che ho guadagnato in qualità di vita non me lo potrà ripagare nessuno stipendio e nessuna carriera. Al di là del tempo e della giornata più serena, ho recuperato energie che non avrei pensato di avere e con le quali ho potuto fare cose come il blog».