«Ti cambia la vita, l’azienda ci guadagna e anche mio figlio»
Quel giorno alla settimana che Silvia Cafagna può lavorare da casa facendo ricorso allo «smart working» guadagna almeno un’ora e mezza: è il tempo che impiegherebbe, tra andata e ritorno, nel tragitto da casa al Vodafone Village — periferia sud-ovest di Milano — dove lavora da cinque anni ed è social media manager. Cafagna, 30 anni, una laurea in antropologia culturale e in lingue orientali, un master in comunicazione d’impresa e marketing, è tra i 3.500 lavoratori del colosso telefonico che ha scelto questa modalità di organizzazione del lavoro. «All’inizio c’era la possibilità di farlo solo due volte al mese, ora una volta alla settimana. Fin da subito l’ho accolta con piacere». I motivi? «Ritengo sia un ottimo modo di conciliare impegni lavorativi e familiari. Ti consente di dedicare maggiore concentrazione alle cose. Io ho un bimbo di tre anni: quando faccio smart working possono andare a prenderlo all’asilo, e non è una banalità. Rende più felice me e mio figlio e crea un equilibrio che in altre aziende non si trova. Cerco di organizzarmi in modo da fissare un giorno in cui lavoro da casa: con il cellulare, le video conference e altri tipi di connessione con l’ufficio puoi lavorare da dove vuoi. Una volta mi è capitato di lavorare da una biblioteca. Questa settimana l’ho fatto mercoledì. Ho avuto modo di andare alla riunione di classe di mio figlio alle 18.30. E in pausa pranzo mi sono dedicata a un po’ di shopping abbattendo i tempi di movimento. Sembrano banalità, ma ti cambiano nettamente la vita».