Corriere della Sera

L’Argentina (dopo i Kirchner)

- 2001 1940 1950 1960 1970 1980 Rocco Cotroneo

Nessuna sorpresa alle amministra­tive in Bulgaria: a fronte di una bassa affluenza, vince il partito conservato­re del premier Borisov che riconferma le proprie posizioni anche a Sofia

Cala dopo otto anni il sipario sul «cristinism­o», il regno di Cristina Kirchner, ma per davvero? E per quanto tempo? I corsi e ricorsi della politica in Argentina non permettono di dare nulla per scontato, nemmeno dopo i risultati definitivi delle presidenzi­ali, che si conosceran­no oggi. Lei non vi ha potuto concorrere, la Costituzio­ne vieta un terzo mandato, e anche l’indicazion­e di Daniel Scioli come successore non significa molto. Gli «ismi» nella politica argentina nascono e muoiono come i vitellini nelle pampas. Tranne quello supremo, il peronismo, che si perpetua al potere da settant’anni, con appena qualche interruzio­ne. Domani quindi può esserci al comando un presidente peronista che fa una politica opposta a quella del suo predecesso­re, il quale sventolava la stessa bandiera al momento di cercar voti.

La buona campagna di Daniel Scioli, sempre in testa ai sondaggi e nettamente avanti anche agli exit poll della notte, indica che comunque l’ambiziosa avvocata di La Plata, da studente simpatizza­nte montonera, poi senatrice, first lady di Nestor e infine tentativo di reincarnaz­ione di Evita, il suo segno sull’Argentina lo ha lasciato. Dopo due mandati presidenzi­ali c’è ancora chi si chiede se sia a posto con la testa (come il settimanal­e Noticias in edicola che rivela il nome dello psichiatra che l’ha in cura,

Default: per disturbo bipolare), o sostiene che la ricetta autarchica pseudo socialista di Cristina prima o poi farà sbattere l’economia argentina contro il muro. Ma non si possono negare i fatti: con un Paese a crescita zero e inflazione alta, la presidenta esce di scena con il 40 per cento dei consensi, molto di più delle colleghe e amiche Rousseff e Bachelet, in Brasile e Cile, tanto ammirate nel mondo. E sta accompagna­ndo, sia pure non troppo volentieri, l’alleato Scioli alla soglia della Casa Rosada.

I temi lasciati aperti nel post cristinism­o sono molti e tali da bruciare le mani a chiunque. L’eredità dello Stato è pesante, si va dalle attività economiche ritornate in mano al pubblico, come aerei, petrolio e poste, ma anche il «futebol para todos», i miliardi che il governo spende ogni anno perché tutte le partite di calcio in tv siano gratis. L’abbondanza di sussidi pubblici, ad anziani e famiglie povere. C’è la pesante eredità del default, quello dei tango bonds, non ancora archiviato perché la Kirchner si è rifiutata di pagare i fondi detentori degli ultimi titoli, che hanno tenuto duro, rifiutando i concambi. Decidendo così, per Movimento politico creato da Juan Domingo Perón nel suo primo mandato da presidente dell’Argentina (1946-1955) caratteriz­zato da una politica sociale e nazionalis­ta perseguita con l’apporto della moglie Evita, che perorò la causa dei diritti dei lavoratori e dei più poveri. In politica estera, è per l’equidistan­za dai blocchi capitalist­a e comunista. La sua ideologia ha permeato nei decenni molti partiti di destra e di sinistra in Argentina. pochi miliardi di dollari, di tenere l’Argentina ai margini del sistema finanziari­o internazio­nale. Ci sono gli spiacevoli effetti collateral­i da regime, come la mano pesante sui media non allineati. C’è il clamoroso caso che si avvia a diventare un mistero eterno, la morte del magistrato Alberto Nisman.

Dei tre concorrent­i alla sua succession­e, solo Mauricio Macri (ieri sera sosteneva sicuro: «Andrò al ballottagg­io») ha detto chiaro e tondo di essere una alternativ­a ai tre ismi che portano i nomi di Cristina, Kirchner e Peron. Scioli è rimasto vago, ammettendo che dovrà smussare alcuni eccessi di Cristina ma poi ieri è andato a prendersi gli stessi voti nella provincia di Buenos Aires, quelli clientelar­i, frutto di scambi, comprati con pacchi di pasta, promesse e minacce tra le grande classe medio-bassa. Il terzo candidato, Sergio Massa, si è definito anche lui peronista ma ha visto affievolir­e la sua stella nel giro di pochi mesi: un anno fa era in testa ai sondaggi in un discorso veemente contro Cristina, della quale era il capo di gabinetto. E non va dimenticat­o l’ultimo fattore: il prossimo 10 dicembre, giorno di insediamen­to, il neopreside­nte dell’Argentina avrà un rivale agguerrito già in campo per succedergl­i. Il suo nome è Cristina Kirchner.

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