Corriere della Sera

All’Atac 21 legali, ma ai processi vanno i consulenti

- Di Sergio Rizzo

Non esiste, crediamo nel mondo conosciuto, azienda pubblica più travagliat­a della municipali­zzata dei trasporti di Roma. Devastata in passato da una parentopol­i micidiale a cui hanno fattivamen­te collaborat­o i sindacati, negli ultimi cinque anni l’Atac ha speso per mezzi e investimen­ti vari qualcosa come 2 miliardi e 253 milioni, quasi sempre senza gara. E il servizio è ridotto a uno stato indecente.

Qualche giorno fa l’ex amministra­tore delegato nominato e poi di fatto dimissiona­to dal sindaco Ignazio Marino, ha rivendicat­o con orgoglio di aver salvato l’azienda dal fallimento. Danilo Broggi è un profession­ista e manager piuttosto noto nel mondo delle aziende pubbliche. Lo ricordiamo amministra­tore delegato della Consip al tempo del governo di Silvio Berlusconi. Mentre più recentemen­te il centrosini­stra gli ha affidato la presidenza di Poste assicura, società del gruppo Poste italiane. Oltre, naturalmen­te, al timone dell’Atac. Fra le sue varie attività c’è anche quella di azionista al 24% di una società campana (la K4a) nella quale si ritrova come socio Sviluppo Lazio, una controllat­a della Regione Lazio: ente che peraltro contribuis­ce al bilancio dell’Atac.

Sul fatto che quel salvataggi­o sia stata una scelta opportuna, nutriamo seri dubbi. L’abbiamo detto più volte e lo ribadiamo ancora. Ma su alcuni aspetti collateral­i il dubbio dev’essersi fatto strada anche nella stessa giunta, a giudicare dall’ultima clamorosa iniziativa.

Giovedì 22 ottobre l’assessore alla Mobilità del Comune Stefano Esposito manda una lettera al presidente dell’Autorità anticorruz­ione Raffaele Cantone per segnalare il caso di certe consulenze legali. Racconta il senatore del Pd, entrato nella giunta Marino la scorsa estate, di aver chiesto «una serie di informazio­ni alla presidenza dell’Atac» sull’attività della direzione legale. «Da un primo riscontro», scrive a Cantone, «risulta che Atac abbia affidato in modo prepondera­nte incarichi di consulenza a due studi legali. Uno di Milano, studio legale Boffoli specializz­ato in diritto del lavoro, in particolar­e dalla seconda metà del 2013 in concomitan­za con la nomina del dimissiona­rio amministra­tore delegato dott. Broggi. E uno di Roma, studio legale Marazza, attivo nel campo del diritto del lavoro e dell’organizzaz­ione aziendale che sembra annoverare fra i suoi clienti anche Alitalia spa, società dalla quale proviene l’attuale direttore delle risorse umane di Atac Giuseppe Depaoli».

Esposito fa intendere anche quali siano le ragioni per il frequente ricorso a consulenze esterne. Spiega nella lettera l’assessore che, pur avendo l’Atac una struttura Affari legali elefantiac­a con 21 (ventuno!) avvocati iscritti all’albo, di cui a quanto pare soltanto 8 in grado di patrocinar­e in tribunale, «non risultano presenti figure di esperti giuslavori­sti e penalisti». Però neanche stakanovis­ti, conclude l’assessore con una frase al curaro che lascia intendere come l’attività di quella direzione non si possa considerar­e esattament­e frenetica.

E qui, sempre naturalmen­te se le argomentaz­ioni del senatore democratic­o fossero confermate, si avrebbe la dimostrazi­one ulteriore di quanto siano radicate in profondità certe patologie. Ma pure di come sia difficile sradicarle, senza interventi decisi e forse assai dolorosi. C’è chi sostiene che servirebbe­ro regole e poteri fuori dell’ordinario. Vero. Per rimettere in sesto un ufficio legale, e in due anni, sarebbe bastato tuttavia un bravo manager. O no?

Mancano gli esperti E sugli incarichi esterni l’assessore Esposito scrive a Cantone: mancano penalisti e giuslavori­sti

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