Corriere della Sera

Francesco: una fede da tabella è inutile

La messa in Vaticano. «Guardiamo ciò che il Signore ci mostra, non creiamo deserti»

- G. G. V.

Spiega che «Gesù vuole includere, soprattutt­o chi è tenuto ai margini e grida a Lui». Esclama: «Oggi è tempo di misericord­ia!». L’ultimo giorno del Sinodo è quasi un prologo al Giubileo che Francesco, non a caso, ha voluto convocare (dall’8 dicembre prossimo) a ridosso dell’assemblea. Dopo tre settimane «di lavoro intenso», all’Angelus, il Papa può alzare lo sguardo e scandire: «È stato faticoso, ma è stato un vero dono di Dio, che porterà sicurament­e molto frutto».

Il voto favorevole di sabato, la relazione finale approvata con oltre due terzi dei voti in tutti e 94 punti, compresa l’apertura alle «situazioni irregolari», come i divorziati e risposati. Ma soprattutt­o un’idea di Chiesa che il Papa dispiega nell’omelia della messa conclusiva, in San Pietro, rivolto ai 270 padri sinodali, a partire dalla risposta di Gesù al grido del cieco Bartimeo: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Con questo interrogat­ivo «fatto a tu per tu, diretto ma rispettoso, Gesù mostra di voler ascoltare le nostre necessità», considera Bergoglio. I discepoli dicono al cieco «coraggio!» e «alzati!» e quindi, fa notare il Papa, «non fanno altro che ripetere le parole incoraggia­nti e liberatori­e di Gesù, conducendo direttamen­te a Lui, senza prediche». Eppure «continuano a camminare come nulla fosse» e il loro atteggiame­nto mostra due «tentazioni» dalle quali Francesco mette in guardia. La prima è la «spirituali­tà del miraggio», dice: «Possiamo camminare attraverso i deserti dell’umanità senza vedere quello che realmente c’è, bensì quello che vorremmo vedere noi; siamo capaci di costruire visioni del mondo, ma non accettiamo quello che il Signore ci mette davanti agli occhi. Una fede che non sa radicarsi nella vita della gente rimane arida e, anziché oasi, crea altri deserti». Si può «parlare di Gesù e lavorare per Lui, ma vivere lontani dal suo cuore, che è proteso verso chi è ferito».

La seconda tentazione è «quella di cadere in una “fede da tabella”», prosegue Francesco: «Possiamo camminare con il popolo di Dio, ma abbiamo già la nostra tabella di marcia, dove tutto rientra: sappiamo dove andare e quanto tempo metterci; tutti devono rispettare i nostri ritmi e ogni inconvenie­nte ci disturba»: l’idea che «chi dà fastidio o non è all’altezza è da escludere». Ancora una volta, un richiamo all’essenziale del Vangelo: «Gesù desidera con ciascuno di noi un colloquio fatto di vita, di situazioni reali, che nulla escluda davanti a Dio». Sinodo significa «camminare insieme», conclude all’Angelus, come Dio con il suo popolo: «Una famiglia di famiglie, in cui chi fa fatica non si trova lasciato indietro, perché questo popolo cammina sul passo degli ultimi: come si fa nelle famiglie, e come ci insegna il Signore».

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