Quel 20% dei cardinali che ha sempre votato no
La pubblicazione dei voti ottenuti in Sinodo da ognuno dei 94 paragrafi del documento finale ci da due informazioni sensibili: che c’era nell’assemblea una resistenza alle novità normative di maggiore impegno valutabile intorno al 30% dei votanti; e che c’è tra i resistenti uno zoccolo duro che si oppone anche alle novità di minor peso: un’opposizione a pelle che va dal 10 al 20% dei votanti. Il primo dato si segnala con il risultato ottenuto dai tre paragrafi che hanno superato di poco il quorum della maggioranza qualificata, cioè dei due terzi, che era di 177 voti, essendo i votanti 265: l’84 sui ruoli ecclesiali dei divorziati risposati (64 no), l’85 e l’86 sul «discernimento pastorale» della loro condizione in ordine alla ricezione dei sacramenti (80 e 64 no). C’è poi un buon numero di paragrafi che hanno avuto tra il 10% e il 20% di contrari, sommando insieme i «no» e le astensioni: i paragrafi 54, 63, 6976. Riguardano l’accompagnamento delle famiglie che si trovano in «situazioni complesse»: convivenze, matrimoni solo civili, matrimoni misti, unioni tra una parte cattolica e una non credente, famiglie con persone a tendenza omosessuale. In questi paragrafi non viene prospettata nessuna riforma, ma viene soltanto proposta una via «dell’accompagnamento» e della «misericordia», quale è già attuata, qui in Italia, dalla maggioranza delle parrocchie. Qualcosa di simile si era già visto l’anno scorso, quando per la prima volta furono pubblicati — per decisione di Francesco — i voti ottenuti dai diversi paragrafi del documento finale e dal «Messaggio dell’assemblea»: anche quel messaggio, che era solo un saluto alle famiglie, si scontrò con un dieci per cento circa di «no». C’è nel mondo ecclesiastico un codice della severità che censura la via della misericordia anche quando si profila unicamente come una novità di linguaggio.