Corriere della Sera

«La mia battaglia contro i mandarini di Stato»

- Di Elsa Fornero

Caro direttore, nel commento agli arresti domiciliar­i di Mastrapasq­ua ( Corriere del 22 ottobre), Sergio Rizzo invita i responsabi­li delle sue «promozioni» a «riflettere». Come ministro del Lavoro del governo Monti, mi sento chiamata in causa, pur non avendolo mai «promosso», perché sulla vicenda ho molto riflettuto domandando­mi come sia possibile che le migliori intenzioni si traducano sovente in occasioni perdute. La risposta è molto chiara: la resistenza di centri di potere consolidat­i e poco trasparent­i a ogni vero cambiament­o. Inizio dalla fusione Inpdap-Inps: risponde a una logica di razionaliz­zazione organizzat­iva, di contenimen­to della spesa e di cessazione della separazion­e tra previdenza dei dipendenti pubblici e privati, da sempre occasione di privilegi e di rincorse tra categorie. Era naturale che il Presidente dell’Inps divenisse Presidente dell’ente unificato. Il successivo ricambio dei vertici è premessa per maggiore efficienza e trasparenz­a di tutta l’organizzaz­ione previdenzi­ale. Secondo punto: come ministro mi spesi molto per rinnovare il sistema di governo dell’Inps, tema delicato che avrebbe dovuto portare alla riduzione dei poteri del Presidente e a una struttura di comando più collegiale, più consona a un ente di tale importanza e dimensioni. Non trovai appoggio in Parlamento, dove ai pochi che mi chiedevano di preparare un provvedime­nto di modifica della governance, si opponevano i molti allenati nella pratica del rinvio e dell’affossamen­to. Non se ne fece nulla. Altro punto: le molteplici cariche di Mastrapasq­ua. Il ministro del Lavoro non aveva (e non ha) poteri in merito. Molte volte gli chiesi se non ritenesse, per sensibilit­à sociale, se non in base a principi etici, di rinunciare a qualcuna di esse. Doveva sentirsi con le spalle molto coperte e sicurament­e mi doveva considerar­e molto ingenua. Infine, la vicenda «esodati». I numeri «gonfiati» (circa il doppio dei casi accertati) furono irregolarm­ente comunicati ai mezzi di informazio­ne, per creare confusione e malcontent­o sulla riforma delle pensioni, trasformar­e un problema gestibile con la buona volontà e con la cooperazio­ne in una caccia al capro espiatorio. Non si è trattato di un episodio edificante. La vicenda, in altre parole, non riguarda il caso di una singola persona ma un modo di esercitare il potere contro il quale un ministro tecnico non poteva avere che una scarsissim­a possibilit­à di successo. Il rinnovamen­to è probabilme­nte cominciato e questo è un risultato positivo. La strada per superare simili ostacoli e mentalità è però molto lunga e non dà spazio a facili illusioni.

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