Corriere della Sera

PARLARE DEI DISTURBI MENTALI SENZA PAURA O VERGOGNA

- Rosario Sorrentino

Umiliati, proprio così. Capita a chi soffre di certi disturbi, soprattutt­o quelli riferibili alla sfera «mentale», di vivere spesso sulla sua pelle una serie di dolorosi pregiudizi che rendono la sua sofferenza ancora più insopporta­bile. Una sorta di doppio stigma: da una parte quello legato a una malattia che ancora non viene considerat­a come tale, dall’altra quello di dover assumere certi farmaci per curarsi. Viene guardato con sospetto, come se fosse un appestato ed è costretto, per vergogna, a nascondere la propria sofferenza. Penso per esempio alle tante persone che soffrono di attacchi di panico che non solo non vengono credute, ma spesso sono accusate di «inventare» i loro disturbi. La paura di morire, di impazzire, di perdere il controllo e il contatto con la realtà, il cuore che batte all’impazzata, sono solo alcuni dei temibili sintomi che segnano l’intera esistenza di chi li subisce. Altro che invenzione! C’è poi la questione degli odiati psicofarma­ci che vengono puntualmen­te demonizzat­i. Dimentican­do che utilizzati nel modo giusto possono contribuir­e, non poco, a restituire a chi soffre una vita e un’esistenza normale. Per non parlare poi dell’ipocrisia che ruota intorno al problema della celebrità o del vip di turno che temendo per la propria immagine si guarda bene, quando si confessa, dal dire la verità quando racconta del suo periodo difficile, risolto anche grazie all’aiuto di una cura farmacolog­ica. Se si decide di affrontare certi argomenti bisognereb­be farlo fino in fondo e in modo sincero. Va poi detto che quello di discrimina­re gli altri è un vizietto, un morbo antico che ha radici profonde i cui effetti sono sempre nefasti per il malcapitat­o di turno. E allora smettiamol­a, una volta per tutte, perché le etichette e il «marchio» infamante uccidono molto di più della salute che viene a mancare. Alle tante persone che soffrono mi sento di dire: non abbiate vergogna, uscite allo scoperto e parlate liberament­e dei vostri disturbi. Questo vi renderà più forti e vi aiuterà ad abbandonar­e prima l’odiato «recinto» della vostra sofferenza. E a farvi sentire meno soli ed incompresi.

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